Personalizzazioni e servizi online, Inglesina Baby reagisce alla crisi
L’azienda veneta potenzia l’ecommerce e adatta la sua filiera produttiva alla Customer experience.
Un’azienda leader nella produzione di carrozzine, passeggini e seggiolini auto con una missione: garantire il massimo benessere e comfort dei neonati nei loro viaggi alla scoperta del mondo. Non a caso, il suo motto è There is a story inside, poiché ogni prodotto rappresenta una storia di cura e di qualità che si lega a quella del bambino.
È la fotografia di Inglesina Baby, fondata da Liviano Tomasi ad Altavilla Vicentina (Vicenza) nel 1963, che oggi vende i suoi prodotti in Italia e in altre 40 nazioni, con in testa Spagna, Usa e Russia, seguiti da Corea, Francia, Grecia. A guidarla sono i figli del fondatore, i fratelli Luca e Ivan Tomasi, rispettivamente Amministratore Delegato e Presidente.
Il lockdown ha bloccato la produzione
La vocazione imprenditoriale, per la verità, risale alla fine degli Anni 50, quando il futuro fondatore, tecnico di motociclette, cominciò a fare qualche esperimento meccanico con i suoi fratelli costruendo go-kart. Successivamente Tomasi si mise a produrre tricicli per bambini, e poco dopo incontrò un agente con cui parlò delle carrozzine inglesi per l’infanzia che usavano i sovrani a Londra. Da qui nacque l’idea di imitare le carrozze reali, facendone una versione più piccola: la carrozzina inglese, cioè “Inglesina”.
Tomasi cominciò a costruire i primi prototipi nelle ex stalle della fattoria di famiglia, poi si fece conoscere nel mercato locale. Già negli Anni 70, cioè poco dopo la sua intuizione, partecipava a fiere nazionali e internazionali, contribuendo a far diventare l’azienda una realtà strutturata e presente in tutto il mondo.
Oggi i prodotti spaziano dalle carrozzine tradizionali a quelle da viaggio, dai passeggini ai seggiolini per automobile, fino agli articoli per la vita del bambino a casa. Il fatturato, che nel 2019 ha conosciuto una crescita importante arrivando a circa 50 milioni di euro, ha subito un arresto nel 2020 a causa della pandemia.
“Da metà marzo a fine aprile 2020 l’azienda è rimasta chiusa per il lockdown, come gran parte della distribuzione fisica nel mondo, e la produzione si è fermata”, racconta Luca Tomasi. “Fino a fine marzo siamo riusciti a soddisfare una parte delle richieste con la merce in magazzino, ma dai primi di aprile abbiamo chiuso anche questi”. Se rispetto all’anno precedente a marzo il fatturato ha segnato -20%, ad aprile si è attestato a -45%. A maggio e giugno, man mano che il processo di riapertura della distribuzione si stava completando, c’è stato un buon rimbalzo di ordini e nei mesi di luglio e agosto l’azienda ha riassorbito buona parte – se non tutta – della perdita di volumi subita nei mesi caldi dell’emergenza.
“Siamo comunque molto preoccupati per i mesi finali del 2020 e per il 2021, perché temiamo che la crisi influisca sulla propensione a fare figli, posticipando il concepimento a momenti in cui gli scenari saranno meno incerti”, ammette Tomasi. Il rapporto annuale dell’Istat sulla situazione del Paese di luglio 2020 ha confermato i timori dell’imprenditore: i 435mila nati del 2019 e i 428mila ipotizzati per il 2020, alle condizioni pre covid-19, scenderebbero ora a circa 426mila nel bilancio finale del corrente anno, per poi ridursi a 396mila, nel caso più sfavorevole, in quello del 2021.
Digitalizzazione e investimenti sulla ricerca
La società si disloca su due stabilimenti. Uno produttivo, l’altro logistico-commerciale. Lo stabilimento produttivo, a maggio 2020, è ripartito agli stessi ritmi precedenti al lockdown, ma con regole anticontagio: distanziamento, mascherine, guanti, termoscanner e separazione delle stazioni di lavoro con plexiglass. Gli uffici invece sono stati organizzati ricorrendo fortemente al telelavoro, con presenze scaglionate e diradate.
L’azienda è ricorsa alla Cassa integrazione covid da metà marzo fino a giugno, con un utilizzo via via decrescente man mano che la domanda si riprendeva. “Il passaggio al lavoro da remoto non è stato difficile perché alcune persone utilizzavano già da prima questa modalità, eravamo preparati anche a livello di dispositivi digitali”, spiega Tomasi. Anche i sistemi produttivi sono stati da tempo resi sempre più smart, ma la presenza fisica è imprescindibile. Di fronte all’incertezza e all’imprevedibilità degli effetti del covid, Inglesina ha avuto un approccio prudente sul lato costi rimandando, o ridimensionando, alcuni programmi di spesa corrente.
Non si è però fermata sul fronte investimenti riguardo la funzionalità, l’estetica dei prodotti e l’ergonomia del bambino. Questo impegno sul baby wellness si concretizza nella scelta di materiali, nella definizione di forme e si alimenta di collaborazioni di esperti e mondo scientifico. Come, per esempio, quella con il reparto di neonatologia dell’Ospedale Maggiore di Bologna, da cui è nato un particolare materassino pediatrico che viene utilizzato nelle culle e in versione ‘civile’ nelle carrozzine: il welcome pad.
Un rapporto più diretto con il cliente
Durante il lockdown, attraverso programmi di formazione online anche personalizzati, seminari digitali, dirette su Facebook e Instagram, classi e corsi in videochiamata, le responsabili training illustravano i prodotti e rispondevano alle domande. “La grande novità degli ultimi mesi, per noi, è stata avvicinarsi ai clienti finali, cioè ai futuri genitori – soprattutto in attesa del primo figlio – che, trovando i negozi fisici chiusi, per avere risposte ai loro dubbi su carrozzine o altri prodotti si rivolgevano direttamente a noi”, riporta Tomasi.
La situazione di emergenza ha indotto la società ad accelerare i processi di assistenza al cliente online e a stabilire rapporti sempre più diretti e vicini con il consumatore finale, che prima era mediato dai venditori. Non è stata, comunque, una strategia ‘in solitaria’ perché molto spesso questa presenza digitale è stata condivisa con i partner retail più stretti. E sta continuando ancora oggi, con i negozi aperti. “Diciamo che si è aggiunto un servizio in più, che ci permette di essere vicini al cliente in modo spontaneo, diretto, come se fossimo fisicamente lì”, chiarisce Tomasi. L’obiettivo è continuare a migliorare il servizio nel tempo e renderlo permanente e ancora più professionale, perché non si sa ancora se veramente i consumatori compreranno più online di prima e se andranno volentieri in negozio. Certamente, ci vorrà del tempo prima che le abitudini si normalizzino e possano essere lette.
Oggi, comunque, le coppie in attesa sembrano voler decidere più in fretta e stare in negozio il meno possibile. Questo fenomeno ha fatto riflettere l’azienda sulla possibilità di mettere il consumatore in condizione di scegliere velocemente, dato che tipicamente uno dei fattori che rallenta la scelta è l’iper-offerta: il cliente si trova molto spesso davanti a innumerevoli proposte di prezzo e prodotto, tende ad andare in confusione perché deve elaborare troppe informazioni.
Inglesina sta pensando quindi di razionalizzare la gamma e ridurre leggermente la profondità di assortimento, eliminando qualche referenza e colore per potersi concentrare su meno modelli, ma con contenuti diversi e chiari tra di loro. “Parallelamente dovremmo lavorare ancora di più per formare il personale di vendita dei negozi. Il retail fisico rimane infatti fondamentale nel nostro settore, perché i genitori, soprattutto al primo acquisto, hanno bisogno della consulenza di un professionista e vogliono toccare con mano quello che per loro, fino a qualche mese prima, era un oggetto misterioso”, spiega Tomasi.
Un altro aspetto che è stato toccato con mano dall’imprenditore durante – e dopo – il periodo critico dell’emergenza è l’importanza della buona gestione aziendale. Se questa è fondamentale nei momenti normali, figuriamoci in quelli di crisi. Avere sotto controllo il credito, i magazzini, la cassa e una gestione oculata, permette di affrontare i momenti di tempesta con più serenità. Ci si rialza prima e meglio se lo stato di salute economico-patrimoniale dell’impresa è buono.
Occorre ripensare la filiera produttiva
La Supply chain di Inglesina Baby si divide in filiere corte, medie e medio-lunghe: la produzione di componenti e semilavorati viene svolta sia in Italia sia nel Far East, mentre l’assemblaggio finale dei prodotti avviene in Italia, ad Altavilla Vicentina. A inizio 2020 ci sono stati alcuni ritardi degli arrivi dall’Asia, ma non ci sono stati blackout produttivi, anche a causa del lockdown in Italia.
“La situazione ci ha fatto ragionare sulla Supply chain: stiamo ripensando alcuni investimenti e processi in ottica di avvicinare la filiera di alcuni componenti”, riconosce Tomasi. Secondo l’imprenditore, riflettere sulla Supply chain significa però andare oltre il tema della localizzazione o della delocalizzazione, perché è più una questione di partnership tra fornitore e cliente. Costruire una relazione di lungo periodo basata sulla fiducia e sui vantaggi reciproci non è facile e non risponde necessariamente a logiche geografiche. Inoltre, le filiere produttive sono talmente interconnesse e interdipendenti che parlare di reshoring può essere fuorviante. È comunque troppo presto per stabilire se ci saranno cambiamenti strutturali e duraturi a causa della pandemia.
Elisa Marasca è giornalista professionista e consulente di comunicazione. Laureata in Lettere Moderne all’Università di Pisa, ha conseguito il diploma post lauream presso la Scuola di Giornalismo Massimo Baldini dell’Università Luiss e ha poi ottenuto la laurea magistrale in Storia dell’arte presso l’Università di Urbino.
Nel suo percorso di giornalista si è occupata prevalentemente di temi ambientali, sociali, artistici e di innovazione tecnologica.
Da sempre interessata al mondo della comunicazione digital, ha lavorato anche come addetta stampa e social media manager di organizzazioni pubbliche e private nazionali e internazionali, soprattutto in ambito culturale.
ecommerce, Inglesina Baby, Luca Tomasi, filiera, lockdownas