Più inclusione e benessere: come cambia la cura in azienda
Se nel 2021, in pieno periodo pandemico, la priorità dei People manager italiani era l’agilità, oggi, l’interesse principale è verso la valorizzazione di aspetti quali l’inclusione, la diversità e l’equità. Questo è ciò che emerge dal Global talent trends 2023, uno studio effettuato dalla multinazionale di consulenza Mercer che, intervistando esperti e lavoratori dell’HR di tutto il mondo (l’ultima edizione ha incluso un panel di 2.474 persone sparse in 17 Paesi), cerca di tratteggiare le principali tendenze su cui si sta muovendo l’ecosistema internazionale delle Risorse Umane.
Il contesto italiano, in particolare, dimostra di aver voltato pagina dopo la complessa pagina covid. La centralità di questi tre principi nei nuovi modelli di gestione del personale è stata sottolineata anche da Marco Valerio Morelli, Amministratore Delegato di Mercer Italia: “Siamo in una fase che ci offre grandi opportunità per fare tesoro degli strumenti adottati durante la pandemia, per lo sviluppo di un modello empatico dell’organizzazione; possiamo oggi modellare una nuova alleanza con i lavoratori basata su sostenibilità, resilienza e capacità adattiva”.
Con la sempre maggiore interiorizzazione del concetto di sostenibilità all’interno delle organizzazioni, la programmazione di nuove People strategy è sempre più influenzata da questo principio. Secondo il report di Mercer, infatti, i maggiori effetti positivi in ambito HR, in Italia, sono stati raggiunti tramite l’applicazione di queste tre attività: l’inserimento di obiettivi ESG nelle scorecard aziendali, l’indirizzamento costante della propria trasformazione organizzativa in ottica sostenibile e l’identificazione di un purpose orientato ai tre criteri ESG .
Le imprese italiane, però, non si dimostrano ugualmente brillanti su tutti gli aspetti tenuti in considerazione dalla ricerca: l’82% del campione dichiara di fornire un livello minimo di assistenza sanitaria integrativa a tutto il personale, ma il 76% non garantisce assicurazioni ai lavoratori non dipendenti. La seconda mancanza importante riscontrata nelle strategie HR delle aziende coinvolte è, invece, legata al tema della formazione: il 38% non prevede, attualmente, iniziative che permettano alle persone di adeguarsi alla domanda di competenze che il mercato richiede e solo il 47% intende promuovere opportunità di upskilling e reskilling. Le mancanze sulla formazione interna risultano ancora più impattanti se, contemporaneamente, si riscontra uno skill gap importante anche sul piano della selezione del personale.
Il benessere al centro delle nuove strategie
Come già anticipato, inclusione e benessere sembrano essere i due grandi pilastri su cui si basano le moderne strategie nel mondo dell’HR. I numeri pubblicati nella ricerca confermano questa tendenza, con il 97% delle aziende coinvolte che sta lavorando per aumentare il tasso di wellbeing e di engagement all’interno della propria organizzazione. In quest’ottica, spicca il dato relativo alle imprese che, attualmente, forniscono supporto psicologico alle proprie persone (85%). Inoltre, il 42% di queste dichiara di voler ampliare la quota di personale che può usufruire della copertura sanitaria aziendale. Anche in questo ambito, però, emergono delle lacune nel bagaglio di strumenti che le imprese possono offrire per dare sostegno al personale: solo il 18% del campione dichiara di avere a disposizione un adeguato piano di Crisis management per la gestione di un eventuale evento traumatico e la stessa percentuale è valida per il numero di aziende che stanno investendo in nuove forme di copertura rischi.
Ognuno di questi ambiti, dalla formazione alla sanità integrativa, è accomunato da un’altra tendenza emersa, quella relativa alla creazione di partnership con altre imprese, associazioni ed enti per il raggiungimento degli obiettivi aziendali. Secondo lo studio, infatti, l’87% del panel ha sviluppato o sta sviluppando affiliazioni strategiche. Entrando nel particolare, i tre aspetti più tenuti in considerazione sono: l’introduzione di percorsi di formazione per i manager (51%), la definizione di nuove linee guida e di patti aziendali per la collaborazione efficace (33%) e, infine, la definizione di nuovi modelli comunicativi basati sulla motivazione (31%).
In conclusione, è opportuno rimarcare come ogni progetto o iniziativa aziendale debba essere basata sulla reale volontà di creare un beneficio alle persone che lavorano nelle organizzazioni, piuttosto che sui vantaggi derivanti dalla comunicazione: “Per garantire un ambiente di lavoro equo e giusto, occorre incorporare pratiche e processi di equità in ogni processo e in ogni funzione così da rendere l’obiettivo una scelta aziendale di tutti e non solo una ‘aggiunta di marketing’, ha concluso Morelli.
Laureato in Comunicazione e Società presso l’Università degli Studi di Milano, Alessandro Gastaldi ha iniziato il suo percorso all’interno della stampa quasi per caso, già durante gli anni in facoltà. Dopo una prima esperienza nel mondo della cronaca locale, è entrato in ESTE dove si occupa di impresa, tecnologia e Risorse Umane, applicando una lettura sociologica ai temi e tentando, invano, di evitare quella politica. Dedica il suo tempo libero allo sport, alla musica e alla montagna.