Pnrr, l’ultima chiamata per la ripresa dell’Italia
Oltre 270 pagine, quattro sfide, sei missioni, 221,1 miliardi di euro e cinque anni per impiegarli. Sono i numeri del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr), il documento con cui il Governo guidato da Mario Draghi spiega come intende spendere i finanziamenti in arrivo dall’Unione europea per contrastare la crisi causata dalla pandemia. Il documento è stato presentato alle Camere, ed entro il 30 aprile è attesa l’ultima revisione da parte del Consiglio dei Ministri, prima dell’invio definitivo alla Commissione europea. Da quel momento, la Commissione ha 60 giorni per esaminare e approvare il piano. “In ballo c’è il destino del Paese”, ha detto Draghi in Parlamento presentando il Piano.
Il Piano prevede infatti ingenti finanziamenti: 191,5 miliardi dal fondo europeo Recovery fund (68,9 miliardi di sovvenzioni a fondo perduto e 122,6 miliardi in prestiti) e 30,6 miliardi di risorse interne da impiegare entro il 2026. Con questi fondi l’Italia dovrebbe vincere quattro sfide: migliorare la resilienza e la capacità di ripresa del Paese; ridurre l’impatto sociale ed economico della crisi pandemica; sostenere la transizione verde e il digitale; innalzare il potenziale di crescita economica e la creazione di occupazione.
I quattro scopi introducono sei missioni: digitalizzazione, innovazione, competitività, cultura; rivoluzione verde e transizione ecologica; infrastrutture per una mobilità sostenibile; istruzione e ricerca; inclusione e coesione; salute. “Il Governo ha predisposto una struttura di coordinamento centrale presso il Ministero dell’Economia. Questa struttura supervisiona l’attuazione del Piano ed è responsabile dell’invio delle richieste di pagamento alla Commissione europea, invio che è subordinato al raggiungimento degli obiettivi previsti. Accanto a questa struttura di coordinamento, agiscono strutture di valutazione e di controllo. Le amministrazioni sono invece responsabili dei singoli investimenti e delle singole riforme e inviano i loro rendiconti alla struttura di coordinamento centrale”, ha scritto Draghi nel documento di introduzione al Piano.
Il progetto ha quindi un impatto su società, aziende e persone, e di conseguenza implica numerose sfide organizzative. La casa editrice ESTE – editore anche del nostro quotidiano – sta lavorando a un’agile pubblicazione per affrontare le questioni organizzative legate al Pnrr: tra gli autori che firmano i contributi, alcuni membri del Comitato Scientifico della rivista Sviluppo&Organizzazione, la più prestigiosa e longeva pubblicazione di organizzazione aziendale in Italia.
Digitalizzazione, formazione e sostenibilità sono le prime prove da superare
Il 40% circa delle risorse per il territorio sono destinate al Mezzogiorno, il 27% alla digitalizzazione, il 40% agli investimenti per il contrasto al cambiamento climatico e oltre il 10% alla coesione sociale. La prima missione sostiene la transizione digitale del Paese nella modernizzazione della Pubblica amministrazione, nelle infrastrutture di comunicazione e nel sistema produttivo. Ha l’obiettivo di garantire la copertura di tutto il territorio con Reti a banda ultra-larga, migliorare la competitività delle filiere industriali, agevolare l’internazionalizzazione delle imprese. Sono stati stanziati 6,31 miliardi per collegare a una connessione Internet veloce circa 8,5 milioni di case, aziende ed enti pubblici che rientrano nelle aree meno servite.
La transizione verde ed ecologica comprende: interventi per l’agricoltura sostenibile e il miglioramento delle capacità di gestione dei rifiuti, programmi di investimento e ricerca per le fonti di energia rinnovabili; investimenti per lo sviluppo delle principali filiere industriali della transizione ecologica e la mobilità sostenibile. Uno degli obiettivi da raggiungere è il riciclo del 65% dei rifiuti plastici, che al momento è al di sotto del 50%. Per un piano completo sull’economia circolare, però, dovremo aspettare l’estate del 2022. Intanto, nel Pnrr è previsto l’allestimento di un “Piano nazionale borghi” per finanziare interventi volti al recupero del patrimonio storico e del turismo.
La terza missione vuole rafforzare ed estendere l’alta velocità ferroviaria nazionale e potenziare la rete ferroviaria regionale, con una particolare attenzione al Mezzogiorno (l’intervento previsto sarebbe in grado di migliorare in pochi anni i tempi di percorrenza della tratta fra Roma e Reggio Calabria, portandoli a circa quattro ore). Previsto anche il potenziamento dei servizi di trasporto merci secondo una logica che integra tutti i mezzi a disposizione.
La missione dedicata all’istruzione e ricerca punta a colmare le carenze strutturali, quantitative e qualitative dell’offerta di servizi di istruzione nel Paese in tutto in ciclo formativo: annuncia l’aumento dell’offerta di posti negli asili nido, favorisce l’accesso all’università, rafforza gli strumenti di orientamento e riforma il reclutamento e la formazione degli insegnanti.
Occupazione, inclusione e una sanità rinnovata per guardare al futuro
La quinta missione si articola in tre componenti: politiche attive del lavoro, con focus sul potenziamento dei centri per l’impiego e del Servizio civile universale, sull’aggiornamento delle competenze e sul sostegno all’imprenditoria femminile; infrastrutture sociali, famiglie, comunità e Terzo settore, che spazia dagli interventi per la disabilità all’housing sociale; interventi speciali per la coesione territoriale, che comprende gli investimenti nelle aree interne, quelli per le Zone economiche speciali (Zes) e sui beni sequestrati e confiscati alla criminalità.
L’ultima missione è stata quella più al centro del dibattito politico degli ultimi mesi e giorni, e riguarda la salute. È focalizzata su due obiettivi: il rafforzamento della prevenzione e dell’assistenza sul territorio, con l’integrazione tra servizi sanitari e sociali, e l’ammodernamento delle dotazioni tecnologiche del Servizio sanitario nazionale (Ssn). Per questa missione nel Pnrr sono stati stanziati 19,72 miliardi di euro, di cui circa quattro per l’assistenza domiciliare e la telemedicina e due per le case di cura. Un’altra parte dovrebbe essere spesa nella formazione del personale sanitario e dei medici di medicina generale, in modo che sviluppino competenze digitali e di gestione dei processi lavorativi efficienti. Ricordiamo, però, che la sanità viene gestita soprattutto a livello regionale.
Elisa Marasca è giornalista professionista e consulente di comunicazione. Laureata in Lettere Moderne all’Università di Pisa, ha conseguito il diploma post lauream presso la Scuola di Giornalismo Massimo Baldini dell’Università Luiss e ha poi ottenuto la laurea magistrale in Storia dell’arte presso l’Università di Urbino.
Nel suo percorso di giornalista si è occupata prevalentemente di temi ambientali, sociali, artistici e di innovazione tecnologica.
Da sempre interessata al mondo della comunicazione digital, ha lavorato anche come addetta stampa e social media manager di organizzazioni pubbliche e private nazionali e internazionali, soprattutto in ambito culturale.
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