Preparare l’impresa al cambiamento con la crescita disciplinata

Non basta affidarsi ai numeri: per crescere come azienda serve disciplina. In un contesto reso sempre più incerto e volatile dalla crisi innescata dalla pandemia da Covid-19, le imprese sono chiamate a ripensare programmazione aziendale e strategie di sviluppo. Perché il cambiamento sia efficace occorre, però, abbandonare il vecchio approccio a silos, mettere insieme variabili numeriche e asset intangibili e, soprattutto, procedere con ordine.

È la strategia della “crescita disciplinata” messa a punto da RBHQ. Nata nel 2019 dall’incontro di tre competenze differenti, la società di consulenza strategica fondata da Carlotta Silvestrini, esperta in brand management, Federico Rossi, specializzato in Finance & Business Modeling, e Mauro Casagrande, un solido background in M&A (Merger&Acquisition) e gestione aziendale alle spalle, punta a rivoluzionare l’approccio al cambiamento. L’idea è che l’analisi debba mettere insieme la razionalità dei numeri e l’irrazionalità dei comportamenti di consumo, per ottenere un quadro accurato di risorse, modelli di business e posizionamento dei prodotti.

“La mancanza di disciplina si traduce nella tendenza di molti imprenditori a valutare solo i risultati e gli obiettivi di breve termine. Non avere una visione di lungo periodo può portare soltanto a una crescita a ondate”, spiega Silvestrini, che di RBHQ è Managing Partner e Co-founder. È quel che accade, per esempio, con la pubblicità: le aziende che investono molto denaro nell’advertising spesso, appena smettono di fare pubblicità, vengono dimenticate dai clienti che non ricordano più il brand. Ciò accade perché l’impresa non ha lavorato sul capitale comunicativo per creare asset di valore.

Il primo passo è capire se è arrivato il momento di cambiare. L’azienda deve porsi le domande giuste sul suo posizionamento e sul potenziale inespresso, verificando se il proprio brand risponda a bisogni specifici di un target di riferimento. Occorre rivedere anche le metriche finanziare e il business model, per accertarsi che siano funzionali al raggiungimento degli obiettivi aziendali. Infine, bisogna concentrarsi sulle persone: individuare le figure giuste, con le giuste competenze e assegnare loro le giuste mansioni.

Programmare il cambiamento

Sono due le direttrici fondamentali: velocità ed efficacia”, puntualizza Rossi, Managing Partner e Co-founder di RBHQ. “Nel contesto attuale la velocità è un aspetto non trascurabile: mentre in passato si poteva approcciare il cambiamento step by step perché il tasso di innovazione era più lento, adesso si perde tantissimo tempo se si lavora su singoli passaggi. Farlo in maniera disciplinata, invece, consente di essere più veloci e anche più efficaci”.

Un errore molto comune è, secondo Rossi, partire dal punto di vista sbagliato. Come chi vuole vendere online e corre a progettare un sito nuovo, invece di lavorare prima sulla gestione degli ordini e sulla struttura dei processi. “Serve un piano d’azione. Il nostro suggerimento è pensare bene a monte a come fare business in maniera differente”.

Programmare bene il cambiamento, dunque. Un approccio sempre valido, che nella situazione contingente si rivela decisivo. “La soglia del rischio è più elevata: se prima ci si poteva permettere di sbagliare strada, ora che si sta con un piede sul burrone bisogna fare un buon salto per arrivare dall’altra parte”, continua Rossi. Sono numerose, infatti, le richieste pervenute a RBHQ di un piano di intervento immediato in emergenza, per individuare le priorità da aggredire e gli asset su cui investire in questo momento.

“Assistiamo, da un lato, a una paralisi decisionale, sintomo di un’imprenditoria che già prima della crisi faceva fatica a investire e a capire su cosa investire”, racconta Silvestrini. “Dall’altro lato, c’è chi sente che è arrivato il momento di fare il salto e di disciplinarsi. I professionisti avvertono la necessità di fare leva sulle proprie competenze e di essere ancora più riconoscibili sul mercato. Ora che tutti si sono buttati sull’online, quelli che erano già presenti su quel mercato si attrezzano per fronteggiare la concorrenza e quanti ancora non aveva programmato il passaggio adesso non vogliono restare fuori”.

Il metodo della “crescita disciplinata”

Come in ogni allenamento che si rispetti, anche per fare il salto verso il cambiamento serve disciplina. La strategia messa a punto da RBHQ trae spunto dal ciclo Ooda: Observe, Orient, Decide, Action. Mutuato dall’ambito militare, il modello prevede di partire dall’osservazione e dal successivo orientamento dell’organizzazione stessa e del contesto di mercato esterno, per poi supportare l’azienda nella valutazione della capacità di prendere decisioni informate e di rispondere in maniera rapida ed efficace.

La strutturazione del modello di business e del piano industriale va di pari passo con quella del brand e del marketing strategico: quanto previsto in termini numerici dev’essere infatti realizzabile anche sul fronte della vendibilità. Gli Okr (obiettivi e risultati chiave) misurano e promuovono operatività e motivazione tra tutti i collaboratori, rendendoli partecipi della strategia. In più, il coinvolgimento dell’ampia rete di Disciplined Partner (partner tecnologici, esperti di processi, fondi d’investimento o studi legali specializzati) permette di concretizzare il percorso strategico.

L’approccio della società di consulenza strategica si fonda sulla metodologia Lean, introdotta da Toyota, e sull’approccio Agile, di derivazione informatica: gli aggiornamenti vengono comunicati in tempo reale all’azienda cliente, per poter intervenire subito in caso di disallineamenti. L’immobilità è considerata il primo degli errori: i brand devono interpretare la crisi come un punto di svolta e cogliere l’opportunità di definire confini ed entità del cambiamento necessario.

Il ruolo della cultura aziendale

RBHQ suggerisce un approccio che si basa su sei parametri: focalizzarsi sull’efficientamento dei flussi di cassa; dialogare con gli stakeholder per mantenere una comunicazione trasparente e veritiera sullo stato di salute della propria organizzazione; individuare le leve strategiche, i driver e le dinamiche economico finanziarie; focalizzarsi sul core, concentrandosi sulla domanda e non sull’offerta; ripensare la propria attività riducendo tutto ciò che non rappresenta un valore aggiunto per cui il cliente sarebbe disposto a pagare; rivisitare la struttura dei costi e del modello di business per ricercare maggiore flessibilità; infine, focalizzarsi sulla cultura aziendale.

“È il collante tra le nostre principali expertise. La cultura aziendale è determinante perché non esiste strategia e ricchezza dell’impresa che possa generare frutti all’interno di una cultura sterile e arida”, dice Silvestrini. “Abbiamo avuto la possibilità di conoscere tante realtà con potenzialità enormi e tutte le risorse finanziarie per performare correttamente, ma alla fine la mancanza di cultura aziendale resta uno scoglio insuperabile”.

L’insieme di valori di cui si fa portavoce un’impresa è diventato, infatti, un elemento attrattivo determinante, sia per i dipendenti sul fronte dell’employer branding, sia per il consumatore finale, che sceglie i prodotti di cui condivide la filosofia. “È la cultura che genera visione e alimenta il motore dell’impresa: se manca già in chi si pone alla guida del business, non può essere né contagiata all’interno del team né manifestata verso l’esterno. Senza cultura e senza visione, non funzionano neppure i processi”.

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Giorgia Pacino

Articolo a cura di

Giornalista professionista dal 2018, da 10 anni collabora con testate locali e nazionali, tra carta stampata, online e tivù. Ha scritto per il Giornale di Sicilia e la tivù locale Tgs, per Mediaset, CorCom - Corriere delle Comunicazioni e La Repubblica. Da marzo 2019 collabora con la casa editrice ESTE. Negli anni si è occupata di cronaca, cultura, economia, digitale e innovazione. Nata a Palermo, è laureata in Giurisprudenza. Ha frequentato il Master in Giornalismo politico-economico e informazione multimediale alla Business School de Il Sole 24 Ore e la Scuola superiore di Giornalismo “Massimo Baldini” all’Università Luiss Guido Carli.

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