Presenza, espressione e perché: qualità di una leadership efficace
Volendo saltare alle conclusioni e prendere una posizione forte e coraggiosa, si potrebbe dire che la leadership è un esercizio di potere (più o meno supportato dalla gerarchia). Affermazione asseribile ancor prima di investigarne le basi, soprattutto perché sulla leadership si è ormai parlato e scritto molto.
E, tra tutte le aree del management, è quella che senza dubbio vanta il più alto numero di professori, guru, ricercatori, interpreti e critici a livello planetario. La produzione letteraria in materia è vastissima, la bibliografia sconfinata e la quantità di ricerche svolte dalle più prestigiose università e scuole di Management mondiali è virtualmente illimitata.
L’enormità di produzioni disponibili in merito alla leadership è talmente abbondante da suscitare, in un autore di grande livello come Jeffrey Pfeffer, la necessità di dedicarle il libro Leadership Bs (ovvero bullshit). Un titolo un po’ diretto per un prestigioso docente di Stanford sui cui testi hanno studiato in molti e che riempie sistematicamente le sue aule (paradossalmente) con importanti leader delle aziende più performanti al mondo.
In uno scenario così riccamente popolato, si aggiunge questo articolo e la definizione che viene data della leadership. Prima però di entrare nel merito è bene fare un esercizio di identificazione concettuale: cos’è la leadership? Come la si riconosce? Quali tratti essenziali la compongono? Quali sono gli elementi che ci consentono di affermare con certezza che siamo di fronte a questo fenomeno?
Leader e leadership
Allo scopo di rilevare e censire gli elementi costituenti della leadership, molte delle ricerche dedicate partono dall’osservazione e dall’analisi comportamentale dei leader. L’assunto è che, osservandoli e raccogliendo dati sul saper fare e sul saper essere, si possano ‘distillare’ le componenti distintive della leadership.
Una buona fetta delle ricerche disponibili si orienta su due filoni prevalenti, mettendo a fuoco rispettivamente:
- alcuni atteggiamenti ricorrenti che, una volta identificati, vengono ricondotti a competenze comportamentali e, successivamente, assemblati nella macro competenza della leadership;
- alcuni modelli comportamentali applicati in modo sistematico, in presenza di determinate circostanze (ambiente, situazioni contingenti, condizioni critiche, ecc.), che danno luogo a diverse configurazioni di comportamenti. Queste si possono raggruppare in categorie predefinite di situazioni. L’insieme dei modelli che ne emerge rappresenterebbe un assortimento di possibili configurazioni della leadership.
Nel primo caso si tratta di singoli condotte osservabili, ricavate confrontando i risultati ottenuti da un insieme di interpreti su ruoli dati. Agli atteggiamenti che ottengono maggior successo viene attribuito un effetto causale rispetto ai risultati stessi (Boyatzis, 1983).
Le ricerche e la pratica consentono, quindi, di enucleare i singoli comportamenti distintivi degli interpreti migliori, riconducendoli a competenze base (per esempio, l’ascolto e la comunicazione interpersonale). Queste qualità vengono poi assemblate nella più ampia categoria della leadership, finendo per offrirne una descrizione dettagliata.
Quando invece l’attenzione si sposta dal singolo comportamento a modelli, il banco di prova non sono più i contenuti di uno specifico ruolo, ma le sfide proposte da determinate situazioni. In questo caso, gli interpreti vengono osservati distinguendo sempre quelli di maggior successo dagli altri.
Successivamente, sempre in base a una correlazione causale, si evincono schemi predittivi in ragione di ciascuna situazione (Blanchard, 1982). Tali modelli (spesso definiti ‘stili’) possono essere interpretati sia in modo inconsapevole sia intenzionalmente, ma l’abilità nell’individuare quello più opportuno, in ragione della situazione, qualifica il livello di leadership che il singolo attore è in grado di mettere in campo.
Un solo basilare elemento è consistentemente presente in ciascuno di questi due filoni. Un assunto fondante, così ovvio da risultare quasi invisibile, eppure indispensabile. Per riscontrare il fenomeno della leadership occorre una condizione indispensabile: la presenza.
Tutte le ricerche e le analisi sulla leadership che partono dall’osservazione di chi la esercita, infatti, danno per acquisito che gli attori siano presenti, siano nel ruolo e che affrontino la situazione.
Questo elemento, come ingrediente fondamentale della leadership, discrimina in modo molto severo tutti i possibili comportamenti ‘remoti’ o non attivi. L’assenza, il non essere in gioco, l’astensione, la mancata partecipazione e tutti i comportamenti che declinano queste modalità vengono quindi esclusi dalle possibili sue componenti.
Certo, la presenza non è sufficiente a determinare questo fenomeno, ma quanto meno risolve un dubbio: l’esercizio della leadership non è praticabile in caso di assenza.
L’articolo integrale è pubblicato sul numero di novembre-dicembre 2019 di Sviluppo&Organizzazione.
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