Programma di corsa per gestire la fatica della Ministra Azzolina
Vorrei invitare l’affaticata Ministra dell’Istruzione Lucia Azzolina a correre insieme. Sarebbe un’occasione per condividere il senso profondo della “fatica”, giusto per ridare significato a un termine così abusato da essere addirittura finito sulla maglietta che le è stata donata da una studentessa.
Una giovane neodiplomata – per chi si fosse perso la notizia – ha omaggiato la Ministra della t-shirt con la scritta: “Che fatica la vita da Ministra“. All’inizio avevo pensato al solito meme, che mette alla berlina la politica per il caos riapertura delle scuole; mi pareva ‘strano’ che un rappresentante del Governo si prestasse a farsi immortalare con quella maglietta. Ho scoperto, invece, che non c’è alcun intento sarcastico nel regalo e che tra la Ministra e la ragazza c’è una conoscenza reciproca; la stessa Azzolina ha ammesso una corrispondenza con la giovane, chiamata alla vigilia dell’esame di Stato per farle gli auguri (la Ministra ha, però, spiegato di averlo fatto con tutti quelli che le hanno scritto).
Dunque, ho immaginato un percorso ‘faticoso’ da far percorrere ad Azzolina. Non arriveremo al famigerato muro dei 30 chilometri che segna – almeno per i runner – la sfida più faticosa durante la maratona. E magari non ci sarà neppure bisogno di correre. Passeremo tra le vie di una qualunque città e faremo numerosi e interessanti incontri.
La schiera dei lavoratori (e disoccupati) che fanno fatica
Ci fermeremo a parlare con le ‘smart worker’, un numero infinito di donne che da mesi lavorano e gestiscono figli e famiglia senza aiuti (a parte i bonus del Governo che, è vero, sono stati fondamentali). Inutile nascondere la verità: il Covid-19 ha riportato la società indietro di centinaia di anni, con le donne costrette a farsi carico di tutti gli oneri di cura!
Ma sul percorso troveremo di certo qualche migliaio di disoccupato; qualcuno lo era già prima della pandemia, altri lo sono diventati a causa delle conseguenze del virus. Troveremo sicuramente tutto il personale sanitario (e non) che ha contribuito a farci superare la fase acuta della crisi sanitaria, lavorando per giorni senza sosta, costretto a indossare le protezioni per ore che ne ha segnato il volto, ma soprattutto l’anima. E peccato che molti (troppi!) hanno pagato con la vita l’abnegazione per il loro lavoro. Troveremo tutti i lavoratori delle aziende ‘vitali’ per il Paese, che hanno lavorato perché avessimo cibo e prodotti (smentendo chi parlava di crisi dei rifornimenti): parlo del personale in fabbrica, di quello della Gdo e della Logistica…
E poi troveremo ragazzi e bambini, restati – ahi tutti! – orfani della scuola per tanti mesi. Era inevitabile restare confinati a casa e i dati hanno svelato che la strategia italiana per far fronte a questo stramaledetto virus è stata (finora) il miglior approccio al contenimento della pandemia. Ciò che si doveva evitare era arrivare al giorno dell’apertura degli istituti nel caos più totale. La fatica, e lo dico da runner, è sopportabile; a patto che abbia un senso. Quella fine a se stessa non ne ha alcuno. Non vorrei fossimo finiti in una strada senza uscita che neppure un ottimo smartwatch con Gps ci aiuterà a venirne a capo.
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