Proteggere persone e aziende dai rischi gravi: un aspetto sottovalutato
La crescente diffusione, anche nelle Piccole e medie imprese (PMI), dei piani di welfare aziendale finanziati attraverso la conversione dei premi di risultato o con un budget dedicato sta portando importanti vantaggi per le aziende e i lavoratori: per esempio, la possibilità di accedere a una serie di servizi in passato non presenti nei piani di employee benefit (prestazioni e servizi per i dipendenti che integrano la retribuzione), o dedicati solo a figure apicali, come le prestazioni mediche, il rimborso delle spese di istruzione dei figli o i voucher per accedere a servizi convenzionati. Lo ha confermato anche il Rapporto Welfare Index PMI 2021 di Generali, secondo cui oltre il 64% delle PMI ha un piano welfare e nel 2020 ha introdotto numerose iniziative in ambito sanitario, dai servizi diagnostici per il Covid-19 (43,8%) ai servizi medici di consulto anche a distanza (21,3%) a nuove assicurazioni sanitarie (25,7%).
Ma permangono aree di criticità che molte aziende fanno fatica a comprendere e gestire. Il riferimento è alla copertura dei cosiddetti ‘rischi biometrici’ (morte, invalidità e non autosufficienza del lavoratore) che, per loro natura e per il quadro normativo in essere, non possono trovare spazio nei piani di flexible benefit (cioè ibenefit variabili scelti individualmente dal lavoratore che un’azienda può prevedere all’interno del proprio piano di welfare aziendale). A lanciare l’allarme è Marcello Marchese, Presidente di Assidim, associazione con fini assistenziali e non lucrativi, che garantisce prestazioni economiche e servizi in caso di malattia, infortunio, decesso, invalidità, non autosufficienza e malattie gravi a categorie omogenee di dipendenti e collaboratori aziendali.
La mancanza di una corretta percezione delle conseguenze legate al verificarsi dei rischi biometrici è attestata dall’Ufficio Studi di Assidim, che ha analizzato i dati rilasciati da importanti società di consulenza HR nelle loro indagini retributive unitamente a quelli relativi al portafoglio di oltre 1.800 aziende legate all’associazione.
Il welfare pubblico non basta
Dall’osservazione da parte dell’Ufficio Studi dei vari Contratti collettivi nazionali del lavoro (Ccnl) dei non dirigenti, che sono il primo strumento utilizzato per creare nelle aziende una rete di protezione di base dei dipendenti e dei loro familiari, emerge la scarsa diffusione delle forme di previdenza complementare e di assistenza sanitaria integrativa e la totale assenza di prestazioni in caso di morte, invalidità e non autosufficienza.
Dall’analisi delle politiche e prassi aziendali, definite da accordi, contratti integrativi o regolamenti risulta infatti che meno di un terzo delle imprese garantisce una copertura in caso di morte e invalidità da ogni causa, mentre siamo al di sotto del 15% per quella in caso di invalidità permanente da malattia. È, invece, intorno al 5% il numero delle aziende che fornisce prestazioni in caso di non autosufficienza.
“Non bisogna dimenticare che tali rischi trovano una copertura sempre più limitata dalle prestazioni del nostro welfare pubblico”, sottolinea Marchese. “Inoltre, è ancora presente un’eredità del passato per cui alcune categorie di lavoratori, come i dirigenti, godono di eccessive coperture offerte dalle aziende, mentre la stragrande maggioranza dei non dirigenti deve affidarsi al welfare pubblico, alle negoziazioni sindacali o ai regolamenti interni aziendali”.
In particolare, il Presidente di Assidim pone l’attenzione sulla scarsa copertura della non autosufficienza, che considera una grave falla dato che, secondo gli ultimi dati Eurostat, l’Italia ha la più alta percentuale in Europa di Over 65, pari al 23,2% della popolazione: “Si tratta di circa 4 milioni di persone che verosimilmente in futuro avranno bisogno di caregiver e long term care, spesso non fornite dal Sistema Sanitario Nazionale”. Quindi, le aziende dovrebbero fare un passo avanti nei piani di welfare inserendo delle coperture per rischi biometrici per le persone che ci lavorano e le loro famiglie: “Si tratta di una spesa di poche centinaia di euro per dipendente, senza contributi o tasse aggiuntive, che farebbe davvero la differenza in caso di gravi problemi”.
Il ruolo delle imprese nel colmare i gap del nostro welfare pubblico e definire politiche ed iniziative di wellbeing, secondo Assidim, parte dall’analisi approfondita dei bisogni delle persone. Introdurre piani di welfare, “solo per motivazioni economiche e di agevolazioni fiscali non rappresenta la risposta efficiente alle reali esigenze della popolazione aziendale”, commenta il Presidente di Assidim. “E’ per questo che stiamo concentrando i nostri sforzi sulla comunicazione ed educazione delle aziende ad un vero welfare al servizio delle persone e del business”.
Elisa Marasca è giornalista professionista e consulente di comunicazione. Laureata in Lettere Moderne all’Università di Pisa, ha conseguito il diploma post lauream presso la Scuola di Giornalismo Massimo Baldini dell’Università Luiss e ha poi ottenuto la laurea magistrale in Storia dell’arte presso l’Università di Urbino.
Nel suo percorso di giornalista si è occupata prevalentemente di temi ambientali, sociali, artistici e di innovazione tecnologica.
Da sempre interessata al mondo della comunicazione digital, ha lavorato anche come addetta stampa e social media manager di organizzazioni pubbliche e private nazionali e internazionali, soprattutto in ambito culturale.
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