Ridare senso al lavoro: l’alleanza tra Papa e sindacati
Una nuova economia, ispirata a Francesco d’Assisi, che promuova la pace e per la quale il lavoro permetta alle persone di realizzare se stesse, di vivere la fraternità, di coltivare l’amicizia sociale e di migliorare il mondo. In più occasioni, nel corso del 2022, Papa Francesco ha sottolineato la necessità di un cambiamento globale verso un nuovo assetto economico, anche sostenendo il movimento internazionale di giovani economisti, imprenditori e change-makers “The Economy of Francesco”.
L’ultimo intervento del Pontefice sul lavoro risale a metà dicembre 2022. In occasione dell’udienza Pace, lavoro e fraternità il Papa ha incontrato l’organizzazione sindacale Cgil e quindi è tornato su alcuni temi a lui cari. “Viviamo un’epoca che, malgrado i progressi tecnologici, ha in parte deluso le aspettative di giustizia in ambito lavorativo”, ha detto Jorge Mario Bergoglio. “E questo chiede anzitutto di ripartire dal valore del lavoro, come luogo di incontro tra la vocazione personale e la dimensione sociale”.
Nel suo discorso, inoltre, il Papa ha sottolineato quanto la sfera professionale rappresenti un’esperienza primaria di cittadinanza, nella quale ciascuno può riconoscere se stesso nella relazione con e per gli altri. “Il tessuto della democrazia non si confeziona a tavolino in qualche palazzo, ma si intesse con operosità nelle situazioni reali e quotidiane: sui luoghi di lavoro, nelle scuole, e così via”, ha aggiunto.
Condizioni precarie e poco dignitose mortificano il futuro
L’attuale modello economico e sociale, d’altra parte, ha svalorizzato il lavoro, non più in grado di garantire la realizzazione e la dignità della persona. A metterlo in evidenza è stato, tra gli ultimi, il report I lavoratori e le lavoratrici a rischio di bassi salari in Italia pubblicato dal Forum Disuguaglianze e diversità secondo cui, dal 1990 al 2022, l’incidenza dei salari bassi sul totale dei lavoratori è cresciuta fino a coinvolgere un lavoratore su tre, mentre le retribuzioni sono calate del 2,9%: è l’unico caso in tutti i Paesi dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse).
A questo si aggiungono le sempre più frequenti situazioni di lavoro nero, caporalato, precariato e sfruttamento e una disoccupazione che cresce per giovani e donne (si vedano, rispettivamente, i dati Eurostat, per i quali l’Italia registra il terzo dato più alto sulla disoccupazione giovanile in Europa – 23,7%, che segue il 32,1% della Spagna e il 28,5% della Grecia – e il Bilancio di genere 2021 a cura del Dipartimento della ragioneria generale dello Stato, che colloca l’occupazione femminile al 49%), in particolare nel Mezzogiorno (i dati Istat riferiti a giugno 2022 segnalano che, nelle regioni del Sud Italia, il tasso di occupazione femminile si attesta al 46,5%, contro il 60,5% medio nazionale; mentre le statistiche di Eurostat rispetto alla disoccupazione giovanile mostrano che nel 2021 circa quattro giovani su 10 in Sicilia, Campania e Calabria erano senza lavoro). A denunciare questo scenario sconfortante è stato il Segretario Generale della Cgil Maurizio Landini durante l’udienza: “Così si calpestano i diritti e la dignità di intere generazioni e si mortifica la speranza nel futuro”.
Anche il Papa si è detto preoccupato per lo sfruttamento delle persone, con particolare riguardo ai giovani, spesso costretti a contratti inadeguati e ‘schiavizzanti’. L’Istat riporta che, nel 2021, solamente il 2% dei nuovi rapporti di lavoro è stato attivato con contratti a tempo indeterminato, mentre l’80% delle assunzioni dei giovani fino a 29 anni è avvenuto con contratti temporanei. “In questi anni di pandemia, inoltre, è cresciuto il numero di coloro che presentano le dimissioni dal lavoro. Giovani e meno giovani sono insoddisfatti della loro professione, del clima che si respira negli ambienti lavorativi e delle forme contrattuali”, ha aggiunto il Pontefice. “Questo fenomeno non dice disimpegno, ma la necessità di umanizzare il lavoro”. Dal Rapporto annuale sulle comunicazioni obbligatorie 2022 emerge infatti che i contratti di lavoro cessati per dimissioni volontarie sono stati 1.839.747 nel 2019, 1.566.454 nel 2020 e 2.045.200 nel 2021, ma la ricerca Adapt dal titolo Grande dimissione: fuga dal lavoro o narrazione emotiva ha evidenziato che la maggioranza di esse sia avvenuta per quella che gli esperti chiamano “transizione job to job”.
Spetta ai sindacati educare al senso del lavoro
Riconoscendo che troppe persone soffrono per la mancanza di lavoro o per condizioni non dignitose, il Papa ha quindi esortato il sindacato a educare al senso del lavoro, promuovendo la fraternità tra i lavoratori: “Non può mancare questa preoccupazione formativa. Essa è il sale di un’economia sana, capace di rendere migliore il mondo”. La ‘novità’ sta però in quello che si può considerare come impegno comune tra Chiesa e sindacati per cambiare una società fondata sulla competizione, l’egoismo, lo sfruttamento e la solitudine, per affermare, invece, il valore dell’eguaglianza, della differenza di genere, della fratellanza e del riconoscimento delle diversità quale fondamento dell’eguaglianza stessa.
Per costruire un nuovo modello sociale ed economico – è stato l’invito del Pontefice, raccolto dalla Cgil – occorre rimettere al centro il lavoro, garantendo che esso sia dignitoso e giustamente retribuito, insieme con la libertà di espressione, la sicurezza e il riposo, le pari opportunità tra uomo e donna, l’informazione e la partecipazione alle scelte dell’impresa. “È il momento di ridistribuire al lavoro la ricchezza che produce, di tassare la rendita finanziaria e di colpire la speculazione”, ha detto a proposito Landini.
Le persone devono quindi riacquisire centralità, affermando la loro predominanza sull’economia, sul mercato e sul profitto: come detto, questi presupposti sono irrinunciabili per uno sviluppo diverso da quello fino a oggi perseguito. Non un lavoro ‘qualunque esso sia’, ma che sia stabile, finalizzato alla difesa e al risanamento del territorio, alla tutela dell’ambiente, alla mobilità collettiva e sostenibile, alla salute, alla cultura, alla conoscenza e alla formazione.
Classe 1996, Martina Midolo è giornalista pubblicista e si occupa di social media. Scrive di cronaca locale e, con ESTE, ha potuto approfondire il mondo della cultura d’impresa: nel raccontare di business, welfare e tecnologie punta a far emergere l’aspetto umano e culturale del lavoro.
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