Change_management_MIT_PdM

Ridisegnare l’organizzazione in situazioni di emergenza

Nelle situazioni di emergenza, i processi di Change management diventano, allo stesso tempo, irrinunciabili, ma problematici. In questo articolo presentiamo l’esempio di un’azienda che ha dovuto rivoluzionare il proprio assetto organizzativo in tempi brevissimi: la tecnica degli Objective and key result (Okr) è stata decisiva per il successo dell’operazione. Si tratta di un caso di Change management maturato nella subsidiary italiana di una multinazionale americana, presente nella classifica Fortune 500, che produce strumenti, materiali e software per l’industria farmaceutica e biotecnologica.

Il sito italiano è collocato alle porte di Milano e occupa circa 2mila dipendenti. Nel 2020 l’azienda ha goduto di una straordinaria congiuntura di mercato: la crisi pandemica ha fatto letteralmente esplodere il mercato dei vaccini, e l’azienda ha ottenuto importantissime commesse per il confezionamento di questi prodotti, grazie alla sua capacità di operare in ambienti sterili. In realtà, come spesso accade, dietro ogni opportunità si nasconde un’insidia e la crescita esponenziale della domanda ha mandato in crisi l’assetto organizzativo esistente, che non è stato più in grado di fare fronte a volumi di produzione repentinamente crescenti. Per questo motivo, si è deciso di intervenire sull’assetto organizzativo, dandosi tempi di set-up minimi, perché l’emergenza sanitaria non consentiva i tempi normali dei processi di riorganizzazione.

Superare l’organizzazione esistente

L’assetto organizzativo dell’azienda nel 2020 era di tipo funzionale con una serie di unità di primo livello specializzate per competenze tecnologiche. L’insieme dei responsabili di queste unità organizzative si riuniva regolarmente in un comitato denominato Site leadership team (Slt). Questo assetto, semplice ed equilibrato, aveva permesso una crescita costante per molti anni, ma nel 2020 aveva cominciato a mostrare qualche difficoltà. Le caratteristiche del modello organizzativo (diventate progressivamente condizioni limitanti) erano le seguenti.

Il principale meccanismo di controllo era la supervisione diretta: la dimensione aziendale, le caratteristiche personali e professionali del management e la storia dell’azienda permettevano ai manager di controllare personalmente i processi produttivi e di gestirli con flessibilità di fronte alle richieste dei clienti, agli imprevisti di produzione e alle esigenze contingenti. Purtroppo, la complessità gestionale che l’impresa aveva raggiunto nel 2020 rendeva impossibile garantire una efficace supervisione diretta. La costante attenzione rivolta al cliente portava a investire molte risorse per gestire le continue richieste.

I sistemi di coordinamento impiegati erano diventati inefficaci: l’uso quasi esclusivo delle riunioni (la maggior parte finalizzate alla risoluzione dei problemi emergenti, piuttosto che ad anticipare le criticità) non era più in grado di far fronte alla crescente complessità. Il management passava molto tempo in incontri poco efficaci, dove si discutevano i problemi senza prendere decisioni. Ruoli e relative responsabilità non erano ben definiti, con il risultato che alcuni si impegnavano più di altri, adoperandosi su attività, spesso, di non diretta competenza.

Conseguenza dei primi due punti era la scarsa efficacia del sistema di accountability: le responsabilità erano disperse su diverse unità organizzative e spesso non erano chiari i compiti individuali. Vigeva una forte cultura della escalation: tutti cercavano un livello gerarchico più elevato a cui riportare i problemi, rivendicando orgogliosamente questo meccanismo come il miglior modello di gestione. Interessante, una frase raccolta in un’intervista fatta in Produzione (ma non molto diversa da tante altre interviste in altri settori aziendali): “Prima il Direttore decideva tutto, oggi è cambiato indirizzo e il Direttore pensa che le responsabilità competano ai suoi riporti, che però non se ne fanno carico, così nessuno decide”.

Le regole e le procedure vigenti non permettevano più di gestire la complessità del sito: c’era poca visibilità sui Kpi, in particolare sulla dimensione economico/finanziaria delle scelte gestionali. Si sentiva forte la mancanza di un sistema integrato di informazioni che permettesse di orientare le scelte aziendali. C’era l’idea diffusa di non reagire in maniera strategica e pianificata a questa complessità incombente.

Niente di sorprendente; questa situazione è tipica delle aziende che sperimentano un periodo di forte crescita dimensionale: gli strumenti di management che fino a quel momento avevano creato i presupposti della crescita sono diventati inefficaci, quindi si impone un cambiamento. In azienda la flessibilità (nei confronti di tutto: clienti, programmi produttivi, servizi offerti, ecc.) e i rapporti diretti e personalizzati tra i dipendenti erano stati la fonte del successo aziendale e avevano favorito la crescita dimensionale. Poi l’accelerazione improvvisa, a seguito della pandemia, aveva messo a nudo i limiti di questo modello organizzativo, in altre parole, il modello organizzativo, che fino a quel momento aveva garantito il successo, come spesso succede, aveva creato le condizioni per il proprio superamento.

L’articolo integrale è pubblicato sul numero di Luglio-Agosto 2023 di MIT Sloan Management Review Italia.
Per informazioni sull’acquisto di copie e abbonamenti scrivi a daniela.bobbiese@este.it (tel. 02.91434400)

change management, cambiamento, organizzazione aziendale, Objective and key result


Avatar

Andrea Martone

Professore Associato di organizzazione aziendale presso l’Università Cattaneo, dove dirige il centro di competenze “Strategic Management & Family Business”, è “Director of Research & Studies” preso Von Rundstedt Svizzera ed è MIB Professor presso l’università Cattolica di Lille. Direttore responsabile della Rivista HCM-online bimestrale di riflessioni sui temi dell’organizzazione aziendale. Ha partecipato a numerosi progetti di consulenza e di formazione nel campo della direzione del personale. Ha scritto numerose pubblicazioni tra cui ricordiamo: La selezione del personale (2003), Il budget del personale (2005), Employment branding (2008), Age Management (2014), Smart Working, Job Crafting, Virtual Team & Empowerment (2018).

Formazione, Digit’Ed premiata ai Brandon Hall Awards per l’innovazione tecnologica

Formazione, Digit’Ed premiata ai Brandon Hall Awards per l’innovazione tecnologica

/
Il Brandon Hall Group Technology Excellence Awards 2024 è uno ...
scuola_ignoranti

Scuola, la fabbrica degli ignoranti

/
La scuola è una “fabbrica di ignoranti”. È questo il ...
Altea

Onboarding, partire con il piede giusto

/
La nostra mente è una macchina eccezionale: secondo le neuroscienze, ...

Via Cagliero, 23 - 20125 Milano
TEL: 02 91 43 44 00 - FAX: 02 91 43 44 24
EMAIL: redazione.pdm@este.it - P.I. 00729910158

© ESTE Srl - Via Cagliero, 23 - 20125 Milano