Camera

Riforma degli Its, formare le competenze che servono alle aziende

La riforma degli Istituti tecnici superiori (Its, chiamati anche Istituti tecnologici superiori) – approvata dalla Camera il 12 luglio 2022 dopo il precedente ok del Senato – si configura come l’investimento sulla formazione specializzata che può garantire al nostro Paese professionisti competenti e preparati per affrontare le nuove sfide del mercato del lavoro. E soprattutto può rappresentare una potenziale soluzione al problema del mismatch tra offerta e domanda di posizioni lavorative, nonché un’occasione per coinvolgere i Neet, cioè i giovani tra i 15 e i 29 anni che non studiano e non lavorano (in Italia, stando al rapporto Eurostat Ocse 2022, sono il 25,1% del totale di questa fascia di popolazione). Auspicata anche dall’Europa, che la aveva inserita tra gli obiettivi per l’accesso ai finanziamenti del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr), la riforma “legittima un sistema formativo già esistente, riconoscendogli identità e dignità, convalidando i percorsi formativi e assestandone la governance”.  

A commentare l’iniziativa con Parole di Management è Guido Torrielli, Presidente dell’Associazione Its Italia. “Fino a ora eravamo regolamentati dal Dpcm del 25 gennaio 2008, vincolati a trattative ministeriali, adesso invece abbiamo una legge di riferimento, e questa ci permette anche di ottenere i finanziamenti del Pnrr”. 

Le esigenze del mondo del lavoro al centro della formazione 

Per chi non ha familiarità con gli Its, basti chiarire che si tratta di quelle scuole post diploma ad alta specializzazione tecnologica, la cui offerta formativa si configura in percorsi riferiti alle aree tecnologiche considerate prioritarie per lo sviluppo economico e la competitività del Paese. Per intenderci, in Germania rappresentano il principale sostegno al piano Industria 4.0, perché questi istituti formano circa 1 milione di specialisti, mentre in Italia si contano 11mila studenti.  

“È una realtà che esiste da 12 anni, ma con percorsi in aree tecnologiche che sono preistoria”, è il parere di Torrielli. “Le imprese oggi seguono nuove tecnologie, nuovi sistemi; le sfide contemporanee sono la digitalizzazione, la sostenibilità, l’Energy management… Dobbiamo sviluppare percorsi di alta formazione che mettano in gioco il fabbisogno delle aziende”, è l’auspicio del Presidente dell’Associazione Its Italia all’indomani della riforma.  

Attualmente, i percorsi degli Its si indirizzano su sei aree di competenze: efficienza energetica; mobilità sostenibile; nuove tecnologie della vita; nuove tecnologie per il Made in Italy; tecnologie innovative per i beni e le attività culturali; tecnologie della informazione e della comunicazione. La riforma ha disposto che presto ne siano introdotti altri, che faranno riferimento ad ambiti come la transizione ecologica o digitale (e un percorso ad hoc per la Pubblica amministrazione, con un corso che formi i tecnici della cybersecurity). E questo sarà possibile grazie a un finanziamento di 400 milioni di euro. 

I finanziamenti non riguarderanno solo l’offerta formativa. La riforma stanzia 700 milioni di euro per adeguare le infrastrutture al doppio dell’attuale capienza (gli 11mila iscritti di oggi devono diventare, entro il 2026, almeno il doppio) e altri 50 milioni sono dedicati alla comunicazione e ai servizi di orientamento e comunicazione. “Destineremo una parte dei finanziamenti anche alle borse di studio, così da attirare talenti anche da lontano e non solo dall’Italia: penso ai Paesi balcanici o al Nord Africa, rivolgendo una particolare attenzione alle giovani, ancora poco coinvolte in questi percorsi formativi”, precisa Torrielli. Il 90% degli attuali studenti, infatti, sono ragazzi, con un background formativo eterogeneo; non mancano i laureati e, in una percentuale ridotta, anche professionisti già avviati nel mondo del lavoro.  

Gli incentivi economici impatteranno sul sistema Its a 360 gradi, mettendo in luce la qualità di questa offerta altamente specializzata, che prevede che il 30% della formazione attraverso esperienze professionali esterne in regime di apprendistato. Il modello formativo funziona e lo testimoniano i dati dell’ultimo rapporto di monitoraggio realizzato dall’Istituto nazionale di documentazione, innovazione e ricerca educativa (Indire), secondo il quale l’83% degli studenti diplomati è occupato entro i 12 mesi dal conseguimento del titolo di studi (il 92% è occupato nello stesso settore per il quale ha studiato). 

Vantaggi economici per le aziende che investono negli Its 

Oltre ai finanziamenti, la riforma ha riconosciuto gli Its come il terzo pilastro del sistema formativo italiano. Secondo quanto approvato, i 19 provvedimenti (di cui 17 decreti), regolamentano il raccordo con il sistema universitario, i requisiti per l’accreditamento delle Fondazioni, i criteri per la progettazione di percorsi Its triennali e l’individuazione delle già citate nuove aree di competenza. 

Gli Its potranno poi contare sul Fondo per l’istruzione tecnologica superiore, un finanziamento stabile, a partire dal 2022, pari a 48,35 milioni di euro. È stato poi istituito il Comitato nazionale Its Academy, che avrà compiti di consulenza per raccogliere elementi sui nuovi fabbisogni di figure professionali. La docenza dovrà arrivare per almeno il 60% delle ore complessive dal mondo del lavoro, mentre i tirocini saranno obbligatori almeno per il 35% della durata oraria complessiva dei percorsi; queste esperienze potranno essere svolte anche all’estero e saranno sostenute da borse di studio. 

Tra le altre cose, infine, l’articolo 4 della riforma prevede un credito d’imposta al 30% per le imprese che decideranno di investire negli Its. E il credito sale al 60% nelle province in cui il tasso di disoccupazione è superiore a quello medio nazionale. 

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Martina Midolo

Martina Midolo

Classe 1996, Martina Midolo è giornalista pubblicista e si occupa di social media. Scrive di cronaca locale e, con ESTE, ha potuto approfondire il mondo della cultura d’impresa: nel raccontare di business, welfare e tecnologie punta a far emergere l’aspetto umano e culturale del lavoro.

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