Arket

Rilanciare la produttività con la cultura digitale

Gli ultimi dati disponibili relativi alla produttività del lavoro in Italia sono datati 2021. Ma non è importante, perché sulla questione siamo abituati alla staticità: secondo l’ultimo report dell’Istituto nazionale di statistica (Istat), infatti, dal 2014 il tasso medio annuo di crescita della produttività del lavoro in Italia è stato dello 0,6%. Il valore risulta ancora più tragico se si va indietro nel tempo: dal 1995 in poi la crescita media è stata di appena lo 0,4%.

Al di là del drammatico paragone con le performance europee (+1,3% dal 2014), i numeri italiani per quanto riguarda l’ottimizzazione del tempo lavorato sono, in questo contesto, ancora più negativi: l’aumento delle ore lavorate ha superato l’incremento del valore aggiunto misurato. Questo suggerisce che l’importante evoluzione tecnologica che le imprese hanno intrapreso negli ultimi anni non sembra aver dato i risultati sperati, per lo meno su questo fronte. Secondo Paolo Grotto, CEO di Arket, società di sviluppo software e consulenza specializzata nell’automazione dei processi di business, le origini di questo fenomeno vanno riscontrate in due fattori principali.

La prima causa è relativa ai divari geografici sul territorio italiano. Il Piano nazionale Industria 4.0, introdotto nel 2016, ha dato una grossa spinta al percorso di digitalizzazione delle imprese italiane; nonostante ciò, non c’è stata una eguale evoluzione in tutto il Paese, soprattutto a causa della minore maturità tecnologica di alcuni distretti industriali del Centro e Sud Italia. E questo gap ha finito per livellare i risultati di massima ottenuti dall’economia nazionale.

Secondo il CEO di Arket, però, la situazione sta migliorando, a fronte di un’aumentata sensibilità verso questi temi: “Gradualmente, tutto il panorama imprenditoriale italiano assumerà consapevolezza sull’importanza della digitalizzazione dei processi, ma per fare ciò è necessaria una maggiore attenzione da parte delle istituzioni e, soprattutto, un sensibile cambio di mentalità, anche al Nord”. Questa riflessione apre alla seconda problematica, quella di tipo culturale.

Saper sfruttare il potenziale degli strumenti

Non basta introdurre nuove soluzioni tecnologiche in azienda. Digitalizzare un’inefficienza significa ingrandirla e, soprattutto, automatizzarla, mantenendola insita ai processi. È questa la visione di Grotto, secondo cui il consolidamento di questa dinamica non può che produrre effetti negativi: “A volte c’è la tendenza a volersi dotare di soluzioni sproporzionate rispetto a quelle che sono le reali esigenze dell’azienda e al suo livello di cultura digitale. Una volta individuate le possibili aree di ottimizzazione, è quindi necessario definire un percorso di revisione dei processi aziendali con obiettivi realistici e, solo in seguito, acquisire le soluzioni più adatte per digitalizzarli”. Questa, quindi, sarebbe la ragione per cui la svolta 4.0 delle imprese italiane, in particolar modo dell’industria, non ha ancora prodotto gli effetti auspicati sulla produttività: introdurre soluzioni evolute in modelli obsoleti e inefficienti non semplifica il lavoro, ma lo complica, obbligando le persone a lavorare di più.

È in questa situazione che entra in gioco il ruolo della governance e dei manager, chiamati a diffondere un mindset digitale a tutti i livelli dell’organizzazione: “La formazione su questi temi deve essere una priorità per le organizzazioni che vogliono evolvere. Per esempio, un responsabile con 30 anni di esperienza nel suo ambito, qualunque esso sia, potrebbe non vedere di buon occhio una trasformazione di questo tipo, ma è proprio l’aggiornamento culturale di queste figure che è fondamentale per l’evoluzione delle aziende”, conclude Grotto. Ottimizzare i processi e sgravare le persone delle attività ripetitive è un dogma oramai riconosciuto che, però, richiede un’applicazione reale e un cambio di mentalità per potersi realizzare. A beneficiarne sono le persone, le imprese e l’economia nel suo complesso.

digitalizzazione imprese, produttività, Arket, Paolo Grotto


Alessandro Gastaldi

Alessandro Gastaldi

Laureato in Comunicazione e Società presso l'Università degli Studi di Milano, Alessandro Gastaldi ha iniziato il suo percorso all'interno della stampa quasi per caso, già durante gli anni in facoltà. Dopo una prima esperienza nel mondo della cronaca locale, è entrato in ESTE dove si occupa di impresa, tecnologia e Risorse Umane, applicando una lettura sociologica ai temi e tentando, invano, di evitare quella politica. Dedica il suo tempo libero allo sport, alla musica e alla montagna.

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