Don Milani

Ripartire da Don Milani per la formazione delle persone

Si moltiplicano i convegni per ricordare il centenario della nascita di don Lorenzo Milani, il 27 maggio 1923. Si tratta in genere di incontri di studio e di riflessione, più che di celebrazioni, proprio come avrebbe voluto quel ‘prete scomodo’, ieri oggetto di attacchi e di polemiche, oggi al centro di attenzione nuova, di studi e di apprezzamenti, in Italia, in Europa e persino in estremo Oriente. Particolarmente interessate sembrano le nuove generazioni che non lo hanno conosciuto da vicino: esiliato nella piccola frazione di Barbiana dalla sua stessa Chiesa di Firenze, condannato dallo Stato per aver difeso l’obiezione di coscienza nel servizio militare, emarginato e osteggiato da chi ideologicamente lo vedeva come un nemico, in tempi di Guerra fredda, e quindi come un rivoluzionario per la scuola degli Anni 60.

In vari convegni è stata fatta la scelta di andare oltre le polemiche di alcuni pseudo saggi, anche recenti, e di dedicarsi alla ricerca di riposte utili alle nuove emergenze sociali. Le intuizioni di don Milani e la sua coraggiosa azione sociale sono oggi oggetto di nuovi studi, non fosse altro che per aver conciliato il Vangelo con la giustizia sociale e aver puntato all’educazione e all’istruzione come doveroso atto di giustizia, aprendo la scuola prima ai giovani operai di San Donato e poi ai figli dei montanari nel Mugello. Lo ha fatto con una grande fiducia nella relazione significativa tra maestro e allievo, per stare insieme non solo ‘nel mondo’ ma anche, e soprattutto, ‘col mondo’, secondo la felice espressione del grande pedagogista brasiliano Paulo Freire.

Il priore di Barbiana fa sua questa visione, specialmente, come riporta Piergiorgio Reggio nel libro Lo schiaffo di don Milani. Il mito educativo di Barbiana, nel focalizzare l’attenzione “sul ruolo fondamentale del rapporto maestro allievo: una relazione di per sé asimmetrica, ma proprio per questo portatrice di potenzialità reciproche, nella rispettiva diversità dei ruoli”.

“Imparare a imparare” è la proposta di don Milani, attraverso occasioni di esperienze vive: la lettura dei giornali, l’incontro con persone ospiti, con viaggi di lavoro all’estero, con la conoscenza e la pratica delle lingue, l’alternanza dello studio con il lavoro.

A pensarci bene, siamo alle premesse dell’Experiential learning come modalità per imparare a porsi domande e a cercare utili risposte, anche per capire i motivi che generano ingiustizia e violenza. Ne scaturiva grande attenzione alle persone che lavorano, ai loro problemi nei rapporti con le imprese, al ruolo insostituibile dei luoghi di produzione, alla possibilità di apprendimento on the job, alla forza generata dal lavoro di squadra. Il tutto nella logica di una grande umanità da esprimere e da condividere.

Educatore e uomo

Nel clima di contrasti degli Anni 60, solo un uomo coraggioso come don Lorenzo avrebbe potuto resistere e proseguire nell’azione sociale intrapresa. La povertà e il livello di disuguaglianza sociale delle 130 anime di Barbiana furono i riferimenti per il suo coraggio e la sua coerenza. Il convincimento che la scuola fosse lo strumento necessario per il riscatto sociale di quella gente, specialmente dei ragazzi, inesorabilmente condannati, da analfabeti, a lavorare nei campi o a essere sistematicamente bocciati nelle scuole “ancora ingiustamente classiste”.

Queste situazioni lo convinsero a dedicarsi all’educazione, come premessa di una sensibilità etica e come consapevolezza politica di formare cittadini a pieno titolo. Un’educazione etica per sentire e cercare tutto ciò che costituisce ‘la verità dell’uomo’ e scoprire il senso del ‘prossimo’, come riferimento molto più forte del ‘concetto di classe’; ma anche come scoperta del significato che il Vangelo attribuisce al valore del prossimo come ‘persona’.

L’azione di don Milani, e ancora oggi lo dimostra, diventò una forza lungimirante per una società disorientata, individualista, centrata sull’Io, e noncurante del Noi, in cui l’individualismo prevale sul senso di ‘insieme’ e di ‘comunità’. Come dire che siamo davanti a messaggi di un’attualità sorprendente.

Sarebbe sufficiente richiamare alcuni passaggi del recente Terzo rapporto Unesco, che punta ad alcuni obiettivi particolari per l’area dell’educazione-istruzione: promuovere pedagogie della cooperazione solidale; proporre l’ampliamento dei curricoli scolastici oltre la tradizionale griglia di materie; guardare al lavoro dell’insegnante come ‘professionista collaborativo’; superare la didattica unidirezionale per una condivisa; stimolare il contatto con la natura come occasione preziosa di apprendimento. Don Milani sottoscriverebbe pienamente queste indicazioni, che erano già patrimonio della sua scuola, in atteggiamento di sprovincializzazione e con lungimirante sguardo veramente globale, come appunto suggerisce il Rapporto Unesco.

L’articolo integrale è pubblicato sul numero di Aprile 2024 di Persone&Conoscenze.
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