Sano, collaborativo e flessibile, benvenuti nell’ufficio del futuro
Stare bene, lavorare in team, abbattere le gerarchie, concentrarsi: sono queste le parole chiave dei nuovi spazi di lavoro. La rivoluzione nasce dalla presa di coscienza che gli uffici sono gli spazi in cui si trascorre gran parte della propria giornata. Dunque devono essere luoghi sani, che favoriscano il benessere fisico, mentale e sociale di chi li vive.
Ma si tratta anche di spazi in trasformazione continua, che devono rincorrere l’evoluzione del modo di lavorare, di interagire con capi e colleghi, di rapportarsi con la tecnologia. È proprio quest’ultima ad avere la responsabilità di aver scardinato ogni punto di riferimento quando si parla di ambienti di lavoro.
È proprio la tecnologia che bisogna ringraziare –o biasimare– se oggi qualunque luogo può diventare un ufficio: un bar, una panchina in un parco, casa propria… Basta un computer (e una connessione a Internet) per essere operativi come se fossimo alla scrivania di un ufficio tradizionale.
La redazione di Persone&Conoscenze si è confrontata con esperti e aziende specializzate in soluzioni per uffici, che hanno raccontato come sarà –e come dovrebbe essere– l’ufficio del futuro.
L’ufficio del futuro
Federico Cabitza, Professore di Interazione uomo-macchina all’Università di Milano-Bicocca: “La tecnologia ha abilitato il lavoro da ovunque. Siamo passati da un’impostazione tradizionale dello spazio di lavoro a una configurazione più liquida. Non essendo più necessario affidarsi ai device tradizionali, si può fare a meno di un luogo di lavoro predefinito, perché qualunque posto connesso a Internet diventa un potenziale ufficio. Questo crea una sensibilità che può essere apprezzabile, ma allo stesso tempo ci rende raggiungibili dagli oneri del lavoro in qualunque momento. Non a caso assistiamo a fenomeni di burnout, perché non si stacca mai. Non siamo più un ingranaggio nella macchina, siamo noi stessi un agente computazionale”.
Lorenzo Maresca, Country Manager per l’Italia di Sedus: “È vero, c’è una resistenza umana che porta a cercare ancora il posto fisso, ma secondo le nostre analisi ormai la scrivania viene utilizzata solo per la metà del tempo di lavoro. Non c’è bisogno di 100 scrivanie per 100 dipendenti. Anzi, lo spazio risparmiato si può utilizzare per ricavarne aree di concentrazione, sale riunioni o caffetterie. Bisogna spingere le persone a scegliere di volta in volta l’ambiente più adatto per svolgere quel tipo di lavoro, per favorire benessere e produttività”.
Alessandro Grampa, Co-Founder e Direttore Commerciale Operativo di Hexagro: “Oggi gli spazi in cui lavoriamo sono caratterizzati da un’eccessiva antropizzazione. Di conseguenza c’è un problema di qualità dell’aria degli ambienti in cui passiamo la maggior parte della nostra giornata e, in generale, prevale una sensazione di discomfort. Spesso le aziende sono frenate dall’introdurre del verde in ufficio, perché le piante costano e senza manutenzione portano puzza, sporcizia e umidità. Noi abbiamo sviluppato una tecnologia che permette di automatizzarne la crescita, con un consumo di acqua molto limitato e poca terra”.
Luciano Guglielmini, Country Manager di Humanscale per Italia, Grecia, Turchia e Malta: “Il punto focale è il prevalente disinteresse nei confronti dell’aspetto fisiologico della persona che trascorre molte ore, spesso troppe, occupando più che abitando la propria postazione di lavoro. In Italia per troppo tempo si è fatto molto poco per mettere la persona al centro del percorso progettuale, come se questa non fosse un soggetto attivo, mentre è senza ombra di dubbio la risorsa più importante di un’azienda”.
Stefano Goglio, Direttore Generale di Nespresso Italiana: “Il mondo del lavoro e i suoi spazi stanno costantemente cambiando. Secondo uno studio Degw, mentre in passato negli uffici l’85% degli ambienti era destinato alle tradizionali postazioni di lavoro, attualmente il 40% degli spazi prevede ambienti condivisi, come aree multifunzionali, di break e di intrattenimento. Secondo una ricerca del Politecnico di Milano, inoltre, la quasi totalità delle aziende che ha ripensato i propri spazi nell’ambito di un progetto di Smart working prevede lo sviluppo di aree dedicate alla collaborazione. Negli uffici contemporanei stiamo assistendo a un riappropriarsi da parte dei dipendenti degli spazi aziendali, oltre che della crescente ricerca del contatto tra colleghi”.
L’articolo integrale è pubblicato sul numero di ottobre 2019 di Persone&Conoscenze.
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Classe 1993, nata e cresciuta nella provincia milanese, è laureata in Lettere presso l’Università Statale di Milano. A qualche anno di cronaca locale è seguito un biennio alla Scuola di Giornalismo Walter Tobagi di Milano, dove ha svolto il praticantato giornalistico. Giornalista professionista dal 2019, attualmente lavora come freelance a Milano, collaborando con quotidiani, siti e periodici nazionali.
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