Se discrimini, mi licenzio

Oggi sei aziende su 10 in Europa si impegnano a adottare policy neutrali per la selezione del personale e a rispettare valori di parità, diversità e inclusione in fase di selezione. È quanto emerge da una ricerca condotta da SD Worx, fornitore di servizi di gestione delle risorse umane e delle paghe, che ha intervistato 4.371 aziende europee di tutte le dimensioni e attive in diversi settori.

Tuttavia, sui sistemi per monitorare e dare riscontro circa gli obiettivi di diversità, sembra che ci sia ancora molta strada da fare. Soprattutto perché la maggior parte dei dipendenti sotto i 30 anni (la Generazione Z), cioè i talenti da attrarre, dà a questo aspetto particolare importanza. Lo confermano anche i dati della ricerca People at work 2022: a global workforce view, l’annuale survey redatta dal Research Institute di Adp, multinazionale americana attiva nel settore dello Human capital management (HCM), che ha svolto l’indagine su circa 33mila lavoratori in 17 Paesi, tra cui l’Italia.

Per la ricerca di Adp, infatti, i tre quarti (75%) dei dipendenti italiani prenderebbero in considerazione la possibilità di cercare un nuovo lavoro se scoprissero l’esistenza di un divario retributivo di genere o l’assenza di una politica di diversità e inclusione in azienda. Proprio i lavoratori più giovani sono tra i maggiori sostenitori di tali politiche (85% tra i 18 e 24 anni, contro il 61% degli Over 55).

“Attualmente, i fattori più importanti di un lavoro vanno ben oltre la sfera strettamente personale: sempre più dipendenti valutano aspetti etici o culturali più ampi quando devono decidere se iniziare o continuare a lavorare per un’azienda. Quello della diversità, equità e inclusione (DE&I) sta quindi diventando un punto decisivo per le aziende”, ha dichiarato Marcela Uribe, General manager di Adp Italia.

Manca la reportistica delle azioni concrete di diversity

Gli aspetti DE&I riguardano tutto l’Employee journey, a partire dalla selezione. L’Italia, per esempio, secondo l’indagine di SD Worx, ha quasi il 62% delle aziende intervistate che applica una policy di selezione del personale neutrale. Inoltre, il 59% delle imprese dichiara di organizzare training interni su questi temi. Nonostante queste pratiche, mancano ancora azioni di follow up sistematiche e ben definite, come un chiaro sistema di reportistica sulla valutazione dell’impegno dei manager nell’acquisizione degli obiettivi che si sono proposti: nel nostro Paese sei imprese su 10 possiedono un sistema di valutazione simile.

“È importante che le aziende inizino a investire in un sistema di reportistica attiva su ciò che fanno in termini di DE&I. Da una parte, questi dati rappresenteranno una solida base per ottimizzare le policy di diversità con una serie di azioni concrete e consapevoli. Dall’altra, un simile sistema mette anche a disposizione delle aziende il livello di chiarezza necessario per capire se stanno investendo i loro soldi come preventivato e non stanno ingannando i futuri collaboratori con false promesse”, ha commentato Federico Fedele, Direttore Generale di SD Worx Italy.

Per Uribe, questa mancanza potrebbe causare una fuga di talenti, perché i datori di lavoro rischiano di incorrere in uno svantaggio competitivo se non riescono ad attrarre i migliori candidati dal pool più ampio possibile, e potrebbero avere difficoltà a fidelizzare le lavoratrici altamente qualificate o competenti o i dipendenti di etnie ed esperienze diverse.

“Le conseguenze potrebbero essere persino più ampie, influenzando il modo in cui l’azienda, i suoi valori e il suo brand vengono percepiti da tutti i lavoratori e i candidati, ma anche da altri stakeholder come clienti e azionisti”, ha affermato la General manager di Adp Italia. Secondo il giudizio dei lavoratori intervistati, infatti, attualmente rimane un 46% di aziende che sostiene l’importanza di politiche DE&I senza averne mai implementata una. Secondo il 19% degli intervistati, la situazione è addirittura peggiorata dal 2019.

SD Worx, ADP, de&i, politica di diversity, People at work 2022


Elisa Marasca

Elisa Marasca

Elisa Marasca è giornalista professionista e consulente di comunicazione. Laureata in Lettere Moderne all’Università di Pisa, ha conseguito il diploma post lauream presso la Scuola di Giornalismo Massimo Baldini dell’Università Luiss e ha poi ottenuto la laurea magistrale in Storia dell’arte presso l’Università di Urbino. Nel suo percorso di giornalista si è occupata prevalentemente di temi ambientali, sociali, artistici e di innovazione tecnologica. Da sempre interessata al mondo della comunicazione digital, ha lavorato anche come addetta stampa e social media manager di organizzazioni pubbliche e private nazionali e internazionali, soprattutto in ambito culturale.

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