L’Italia delle imprese che non si fermano

A meno di pochi giorni dall’inizio della fase 2, previsto per il 4 maggio 2020, ci si interroga ancora sulle condizioni per la ripartenza: mascherine, distanze di sicurezza, turni diversificati. Per fissare le norme che aziende e negozi devono rispettare per uscire dal lockdown, molti in questi giorni guardano all’Italia che non si è mai fermata.

Nella crisi che ha costretto metà delle imprese alla resa, c’è, infatti, anche chi ha continuato l’attività. Secondo i dati aggiornati raccolti dall’Istat e presentati alla commissione Bilancio del Senato, in Italia sono rimaste aperte 2,3 milioni di imprese, il 51% del totale. Aziende che impegnano 9,3 milioni di addetti, di cui 6,8 milioni dipendenti. Oltre al personale sanitario e agli addetti ai servizi alle famiglie, l’elenco di chi ha continuato a produrre è lungo: imprese alimentari e farmaceutiche, telecomunicazioni, addetti alla logistica e ai trasporti, servizi di supporto alle imprese. Sono rimaste aperte anche le imprese che producono beni funzionali ai servizi essenziali, almeno per la parte relativa alla fornitura alla filiera.

In molti casi, per garantire la sopravvivenza durante il lockdown, si sono rivelate strategiche le scelte operate in termini di organizzazione del lavoro e innovazione tecnologica nel periodo pre-crisi. Investimenti che hanno fatto la differenza nella gestione dell’imprevisto.

Nuove regole nello stabilimento 4.0

Fiorentini Alimentari, azienda di snack salutistici del torinese, aveva da poco inaugurato un nuovo stabilimento 4.0 a Trofarello (TO) poco prima della serrata obbligatorio causata dall’emergenza coronavirus: linee di produzione avanzate, un magazzino di stoccaggio a ridotto contenuto di ossigeno, navette laser-guidate per il trasporto di materie prime. “Grazie al nuovo stabilimento la nostra azienda sta fronteggiando l’emergenza Covid-19 continuando con la produzione e assicurando così la fornitura alimentare alla grande distribuzione”, spiega Simona Fiorentini, Marketing ed Export Manager e terza generazione della famiglia alla guida dell’azienda.

Lo stabilimento di Trofarello è stato realizzato in linea con le più stringenti normative in materia di igiene e sicurezza. L’accesso alla produzione è possibile solo dopo aver seguito un percorso di sanificazione per le mani, con tornelli inseriti per bloccare l’ingresso se non si è effettuato il lavaggio. Le linee produttive sono ampie e in grado di garantire agli operatori il mantenimento di una corretta distanza gli uni dagli altri. Ogni linea segue una propria programmazione oraria, diversa dalle altre, evitando assembramenti di personale in entrata e in uscita. Fornitori e corrieri non sono ammessi all’interno dello stabilimento.

“Le grandi dimensioni hanno consentito una redistribuzione degli uffici, utilizzando spazi ancora liberi al fine di garantire anche negli uffici una distanza di oltre un metro tra le scrivanie”, continua Fiorentini. È stata intensificata l’attività di sanificazione di ambienti quali refettori e spogliatoi e sono aumentati i dispenser di gel igienizzante in prossimità dei percorsi che conducono da una parte all’altra dello stabilimento. In tutte le aree comuni, sono ben segnalati grazie alla cartellonistica i comportamenti da seguire e quelli da evitare.

“Dopo una iniziale fase di paura e spaesamento generale, ora si lavora con la consapevolezza dell’emergenza sanitaria che stiamo vivendo, ma nel pieno rispetto della normativa”, assicura la manager. “L’investimento tecnologico che la nostra azienda ha affrontato si è rivelato di grande importanza e di massima utilità. Possiamo garantire lo svolgimento di tutte le fasi produttive in sicurezza proprio grazie ai nuovi processi tecnologici, alcuni di questi completamente automatizzi”.

L’emergenza Covid-19 ha ridefinito gli aspetti organizzativi e strutturali del lavoro. Introducendo nuove regole e buone prassi che sarà importante tenere a mente per il futuro. “Anche nel momento di ritorno alla ‘normalità’ sarà indispensabile mantenere le forme di distanziamento sociale e continuare a rispettare le raccomandazioni di igiene e sanificazione degli ambienti lavorativi. Sarà molto importante la consapevolezza dei lavoratori, soprattutto nelle aziende alimentari come la nostra”.

Produzione integrata e cloud per restare collegati  

Agire in anticipo, insomma, per visione e non per necessità. È grazie a questa impostazione che la torrefazione salernitana Cesare Trucillo è riuscita a far fronte all’emergenza riorganizzando in poche ore il lavoro da remoto per tutte le funzioni aziendali che non necessitano una presenza fisica in azienda. Da 70 anni e tre generazioni alla guida dell’impresa, la famiglia Trucillo è abituata ad affrontare i cambiamenti. Nata come una moderna startup tecnologica nel garage di casa, dove il fondatore avviò l’attività di tostatura e confezionamento del caffè, l’azienda partita dal golfo di Salerno oggi esporta i suoi prodotti in 40 Paesi al mondo.

“Grazie al nostro Dna di viaggiatori e alla consapevolezza di un mondo che cambia velocemente, anche con eventi imprevedibili, oltre un anno fa abbiamo deciso di passare al cloud, perché avevamo bisogno di poter condividere informazioni nel modo più semplice e rapido possibile, sempre e ovunque ci trovassimo”, racconta Antonia Trucillo, Responsabile Marketing di Cesare Trucillo Spa e terza generazione a capo della torrefazione.

“Proprio grazie al cloud siamo stati in grado di affrontare l’emergenza coronavirus in tempi rapidissimi, perché eravamo già pronti”. A fine febbraio 2020 l’azienda ha dato attuazione alle prime linee guida del Ministero della Salute, dandone comunicazione ai dipendenti con apposite circolari all’entrata e nei corridoi. All’ingresso della sede è stato disposto un kit di sicurezza, dotato di mascherine, guanti, gel igienizzante e termometro elettrico. I trasportatori, obbligatoriamente muniti di mascherina, vengono lasciati ai cancelli per evitare ogni possibile contatto.

“Con determinazione e serietà abbiamo messo in atto tutte le misure precauzionali per i lavoratori e per tutte le persone coinvolte nel nostro lavoro quotidiano. Gli uffici operano in Smart working, una modalità che si è rivelata vincente in una situazione di emergenza e sarà altrettanto utile una volta che torneremo alla ‘normalità’. La produzione, invece, lavora a fasi alterne in spazi fortunatamente molto ampi che vengono sanificati ogni venerdì”, continua Trucillo.

Già prima dell’emergenza, infatti, la torrefazione aveva messo in campo importanti risorse per portare a termine un modello di produzione integrata in grado di far dialogare tra loro le macchine in produzione e tutte le funzioni aziendali. Un investimento di circa 2 milioni di euro è servito per acquistare macchinari predisposti a una tecnologia 4.0, capaci di dialogare con un software per raccogliere ed elaborare dati.

“Il Team ha recepito totalmente il richiamo delle nostre Istituzioni al senso di responsabilità civile finalizzata a limitare la diffusione della malattia, adottando tutti gli strumenti necessari per consentire di lavorare in modalità smart, garantendo a pieno la continuità dell’attività e al contempo tutelando la salute di coloro che lavorano in azienda e di chi ci sta vicino”.

Elevata specializzazione e capacità di fare squadra

Grande attenzione da parte dei lavoratori, quindi, ma anche massima trasparenza sulle decisioni da adottare e sui cambiamenti che investiranno l’ambiente di lavoro. “In quella che io definisco ‘la nuova normalità’, l’aspetto più importante sarà quello del know how acquisito rispetto a crisi come questa”.

Alessandro Vella è Direttore Generale del Gruppo Cantina Produttori di Valdobbiadene – Val D’Oca, una delle realtà più rappresentative della Docg Prosecco Superiore, e non ha mai fermato il lavoro. “Ci siamo posti subito la domanda se sospendere temporaneamente l’attività o impegnarci per restare aperti nel massimo della sicurezza. Abbiamo optato per questa seconda strada perché abbiamo capito che con l’impegno di tutti potevamo farcela”, racconta.

La collina da cui prende il nome la cantina si trova nel cuore delle Prealpi trevigiane, tra Valdobbiadene e Conegliano. È solo una parte dei mille ettari di vigneto curati dai 600 soci viticoltori della Cantina produttori Valdobbiadene, che ne tramandano i segreti da generazioni: radici agricole antiche combinate a metodologie all’avanguardia.

L’investimento tecnologico ci ha permesso di far operare in lavoro agile da casa 14 persone, sulle 29 totali negli uffici. Un altro aspetto straordinariamente importante è stata l’elevata automazione delle linee e del magazzino 4.0, che permettono alla cantina di essere gestita da un numero contenuto di persone molto specializzate – quattro per linea – ognuno con il proprio compito specifico, in una diversa sezione della linea e quindi notevolmente distanziate tra loro”.

Negli anni il Gruppo Cantina Produttori di Valdobbiadene – Val d’Oca ha avviato il completo aggiornamento tecnologico di tutte le fasi del lavoro, dalla vigna al bicchiere: ricezione delle uve, pressatura, flottazione, vinificazione e presa di spuma. Nel maggio del 2018, con un investimento di 13 milioni di euro, ha inaugurato il nuovo polo logistico: un magazzino del tutto automatizzato, interrato fino a 14 metri di profondità, e in grado di ospitare 7mila pallet.

Grazie alla tecnologia abbiamo potuto mantenere i contatti con fornitori e clienti tramite le diverse piattaforme di comunicazione online. Nel settore del vino siamo tra le aziende che posseggono da più tempo un proprio ecommerce, che ha continuato a funzionare mantenendo alto lo standard qualitativo del servizio. E i clienti ci stanno scrivendo quotidianamente, perché lo apprezzano ancora di più in questo periodo”.

Sin dall’inizio dell’emergenza, la cantina ha adottato tutte le disposizioni delle autorità competenti, talvolta anticipandone l’esecuzione, e messo in atto tutti i 13 punti del Protocollo. “Ma la cosa più importante di tutte è stato il coinvolgimento. La comunicazione in modo aperto e sincero è stata fondamentale: abbiamo fatto squadra”, spiega Vella. Smart working, turnazione degli orari, ferie maturate, congedi parentali, ma anche tanta autonomia e responsabilità. “Non abbiamo imposto dall’alto i turni o la suddivisione del lavoro. Abbiamo lasciato che le persone dei vari uffici si responsabilizzassero e si gestissero secondo le esigenze, comunicandocelo di settimana in settimana. Crediamo che questa modalità sia più costruttiva: la responsabilità aumenta la conoscenza”.

Ripartire con nuovi progetti

Lavorare con responsabilità, in tempi di pandemia, significa anche accettare di chiudere i propri locali per concentrarsi su nuove modalità di lavoro. Löwengrube, catena italiana di franchising di ristoranti-birrerie in autentico stile bavarese, non ha aspettato l’entrata in vigore del Decreto dell’11 marzo per abbassare le saracinesche: tra i primi in Italia, ha deciso di chiudere tutti i locali, sfruttando queste settimane di lockdown per realizzare nuovi progetti già in programma.

“Nei primissimi giorni ci siamo preoccupati di dotare tutti i nostri locali di disinfettanti e materiali di comunicazione a dipendenti e clienti, con le norme di comportamento suggerite dal Ministero della Salute, e di sostenere quotidianamente i nostri affiliati nella gestione ottimizzale degli approvvigionamenti per far fronte al flusso dei clienti che stava già drasticamente calando in alcune zone. Per noi che abbiamo locali aperti al pubblico, la situazione è precipitata rapidissimamente”, racconta Pietro Nicastro, Co-fondatore di Löwengrube.

“Il 10 marzo, convinti che la salute di collaboratori e clienti venisse prima di tutto, abbiamo preso la difficilissima decisione di chiudere tutti i nostri locali. Abbiamo gestito e stiamo gestendo tuttora le derrate alimentari acquistate e inutilizzate con donazioni, tra le famiglie dei nostri collaboratori e le associazioni di solidarietà sui territori in cui sono presenti i nostri locali”.

Negli ultimi cinque anni, Löwengrube è passata da uno a 22 locali. Da qui al 2025, pianificava di raddoppiarli se non addirittura triplicarli, grazie ad accordi già firmati o in procinto di esser conclusi con partner internazionali di alto livello. L’emergenza coronavirus ha costretto la catena di ristoranti bavaresi a reinventarsi, recuperando progetti accantonati e sfornandone di nuovi. “Stiamo realizzando un’App di nostra proprietà per il delivery, che presenterà nuove funzioni rispetto a quelle più comuni”, spiega Nicastro.

“Stiamo pensando anche a un ecommerce dei nostri prodotti da preparare a casa e a una postazione automatica drive per ritirare l’ordine dalla propria auto. Già due anni fa avevamo sperimentato una tecnologia che permetteva ai clienti di ordinare in autonomia dal tavolo: l’avevamo abbandonata perché preferivamo coltivare la relazione con il nostro personale, una caratteristica fondamentale del nostro format. Oggi forse la recupereremo”.

Anche in Löwengrube, la tecnologia si sta dimostrando fondamentale. Non solo per programmare le novità in vista della riapertura, ma anche per mantenere costante la relazione con la propria rete. Per un franchising, dotato di un format codificato per tutte le operazioni in modo da garantire lo stesso standard qualitativo nei diversi punti vendita, il coinvolgimento di tutti gli attori è centrale. “Con il personale degli uffici che si occupano di Marketing, Operation, Acquisti e Logistica, Sviluppo, Finance e Costruction stiamo continuando a lavorare nell’ottica di arrivare pronti alla riapertura con novità e nuove modalità di offrire i nostri prodotti e il nostro servizio. Siamo in contatto costante con la rete dei nostri affiliati per tenerli aggiornati su queste nuove prospettive affinché sappiano che Löwengrube c’è ed è una realtà in continuo movimento”.

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Giorgia Pacino

Articolo a cura di

Giornalista professionista dal 2018, da 10 anni collabora con testate locali e nazionali, tra carta stampata, online e tivù. Ha scritto per il Giornale di Sicilia e la tivù locale Tgs, per Mediaset, CorCom - Corriere delle Comunicazioni e La Repubblica. Da marzo 2019 collabora con la casa editrice ESTE. Negli anni si è occupata di cronaca, cultura, economia, digitale e innovazione. Nata a Palermo, è laureata in Giurisprudenza. Ha frequentato il Master in Giornalismo politico-economico e informazione multimediale alla Business School de Il Sole 24 Ore e la Scuola superiore di Giornalismo “Massimo Baldini” all’Università Luiss Guido Carli.

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