4-Day work week

Settimana corta, Londra ci pensa e Methodos agisce

Si è conclusa di recente in Gran Bretagna la prima parte dell’esperimento relativo alla settimana corta – il programma “4 Day Week – che ha coinvolto aziende britanniche di diversi settori, come ristorazione, finanza, marketing, sanità. Si tratta, nel concreto, di lavorare un giorno in meno rispetto al solito (quattro giorni al posto di cinque), ma questa pratica non comporta una riduzione dello stipendio. Sono 73 le imprese partecipanti e, in totale, 3.300 assunti stanno prendendo parte al progetto. Secondo quanto riportato dalla Bbc, a oggi i dati sono confortanti: l’86% di 41 rispondenti ha un’esperienza positiva e ha confermato che il modello sarà mantenuto.

Anche in Italia esistono alcuni esperimenti che vanno in questa direzione. È proprio un lunedì quando – in risposta a una email – arriva un messaggio automatico: “Abbiamo avviato la sperimentazione della settimana corta; quattro giorni lavorativi, con l’obiettivo di testare questa modalità di lavoro per noi e, potenzialmente, per i clienti che decideranno di intraprendere con noi questo percorso”. Il mittente è Methodos: la società di consulenza, che accompagna le aziende nel cambiamento sta testando un nuovo modello basato, appunto, sulla diminuzione dell’orario di lavoro. “Abbiamo iniziato il progetto sulla base del nostro stesso core business: ci occupiamo di cambiamento culturale e volevamo quindi partire proprio da noi stessi”, conferma Martina Danda, Manager & Head of Communication di Methodos, che sta seguendo il programma insieme con Viola Pagnoni, Senior Manager & Head of Human Resources di Methodos.

Che la pandemia abbia ‘costretto’ – almeno nella fase acuta dell’emergenza sanitaria – a lavorare da remoto è un fatto noto; una volta che si è preso coscienza della realizzabilità del modello (compatibilmente con le necessità aziendali) tante imprese hanno iniziato a pensare all’adozione di forme di lavoro flessibili sul lungo periodo, nell’ottica di conciliare al meglio i nuovi bisogni delle persone; la riduzione dei giorni – e dunque dell’orario per svolgere le attività lavorative – potrebbe diventare un ulteriore strumento per ottenere un miglior equilibrio tra vita privata e lavoro. “La scelta di intraprendere questo percorso è anche frutto della pandemia: ci siamo interrogati sul senso del lavoro, sull’importanza del tempo e sulle aspettative delle nuove generazioni. E così abbiamo iniziato a riflettere su che formule usare”, spiega Pagnoni.

Non è la prima volta che Methodos avvia progetti innovativi. Anche M4810, quello della scalata del Monte Bianco, giunto a conclusione proprio quest’anno, aveva alla base una logica legata al concetto del cambiamento. “L’idea era quella di andare oltre i limiti, stimolare le persone a ragionare con prospettive differenti, tramite una metafora: quella di arrivare in cima step by step. La settimana corta è un altro progetto che incalza i lavoratori a fare una trasformazione, ma si può dire che sia forse ancor più difficile da realizzare, perché impatta in modo significativo sull’organizzazione”, continua Danda.

Un progetto disruptive da implementare in modo ponderato

Per realizzare il progetto della settimana corta, si è applicata la ‘logica pilota’, come spiega Danda: “Abbiamo suddiviso le persone in cinque gruppi; il primo ha iniziato a marzo 2022 e ora abbiamo due team in contemporanea che testano il nuovo assetto, a rotazioni di sei settimane: in questo modo ciascuno ha avuto e avrà la possibilità di lavorare quattro giorni”. Le persone possono scegliere tra lunedì e venerdì come ‘giorni off’, ma se si preferisce un altro giorno non c’è problema. Nonostante la società di consulenza avesse già una cultura incentrata sulla trasformazione, si tratta comunque di un cambiamento importante: “disruptive”, lo definisce Pagnoni. “Prima di fare un passo così grande coinvolgendo tutta l’organizzazione vogliamo iniziare a misurarci; dal 2023 abbiamo intenzione di consentire a tutti i team di lavorare contemporaneamente su quattro giorni e non su cinque”, dice la manager.

D’altra parte, come evidenzia Pagnoni, una questione da considerare è quella relativa alle attività quotidiane, in particolare con la relazione verso l’esterno: “Occorre organizzare il lavoro soprattutto per gestire i clienti, perché continuiamo a puntare alla massima soddisfazione. Alcuni accolgono la scelta, altri ne rimangono spiazzati; magari la accettano, ma pensano di non farlo mai”. Serve andare oltre la logica di ‘essere sempre connessi’. Danda aggiunge: “In qualità di consulenti, le persone si aspettano che siamo sempre presenti e disponibili, quindi bisogna considerare anche questo aspetto”.

Il nuovo modello ha condotto l’azienda a rivedere i processi interni e a riassegnare i progetti perché, come sottolinea la Manager & Head of Communication di Methodos, si deve essere operativi effettivamente quattro giorni, pertanto non si può avere il carico di cinque, altrimenti si finisce per sforare l’orario di lavoro concordato. La questione solleva anche lo spirito critico del singolo: “Se c’è un’urgenza e la persona non è sostituibile, ci si può prendere anche nel giorno off il tempo necessario per risolverla; generalmente, abbiamo trovato un riscontro positivo nelle persone in questo senso; a volte l’idea di avere anche solo una giornata più ‘tranquilla’ aiuta nell’equilibrio tra lavoro e vita privata”. Si mettono in campo, pertanto, competenze che oltrepassano gli aspetti più ‘tecnici’: si lavora sulla responsabilità e sull’autonomia nel gestire processi ed eventuali criticità.

Monitorare per misurare i benefici

A oggi, i risultati e i feedback delle persone rispetto la nuova struttura organizzativa sono positivi. Lo mette in luce la survey settimanale che svolge l’azienda in cui sono inseriti una serie di parametri di misurazione per capire come la novità impatti sia sul lavoro sia sul benessere. “Teniamo monitorato l’andamento per capire anche che cosa è migliorabile; proprio per questo, può essere che ciò che diciamo oggi tra qualche mese subisca delle modifiche”, precisa Pagnoni. Dal questionario finora è emerso che il livello di soddisfazione è alto ed è ottimo anche l’indicatore di beneficio percepito sulla propria vita personale. “Un altro elemento che non è peggiorato sono le relazioni interne. Eravamo preoccupati di questo aspetto, perché, avendo meno tempo a disposizione per il lavoro, c’era il rischio che ci si dedicasse tutto il tempo concentrati sulle proprie attività, invece ci siamo ricreduti”, rivela Pagnoni.

D’altronde, avendo già un modello basato sul raggiungimento degli obiettivi, è più semplice per le persone adattarsi al nuovo scenario. “Un modello simile è più difficile per chi è abituato a lavorare soltanto in base al tempo; in ogni caso, si rafforzano l’autonomia delle persone e la capacità dell’organizzazione di pianificare le risorse. Si sviluppano, inoltre, la capacità di coordinamento con il team e di anticipazione di eventuali urgenze della settimana successiva”, è la tesi di Danda. Pure la performance aziendale e la produttività del singolo sono rimaste invariate. “La relazione con il cliente è rimasta positiva e non abbiamo riscontrato criticità”, conferma la manager. Un aspetto su cui si è lavorato molto è stato quello di passare il messaggio che si trattasse di una sperimentazione dell’azienda e non solo di poche persone: “Non era uno stress test per vedere la capacità di tenuta dei singoli, ma un modo per riorganizzare il modello lavorativo”, spiega Pagnoni.

Non è da escludere il nuovo modus operandi possa avere un impatto positivo anche sulla reputazione aziendale e sull’employer branding: “Non conosciamo altre società di consulenza che applicano questi principi in Italia e siamo orgogliosi di poterlo sperimentare per primi”. Per dovere di cronaca, tornando al messaggio automatico alla nostra email del lunedì – giorno scelto dal nostro interlocutore come quello in cui non lavorare – segnaliamo non solo di aver ricevuto una risposta, ma che l’attività è stata portata a termine nonostante il nuovo assetto organizzativo. In fondo il business è sempre business.

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Federica Biffi

Laureata magistrale in Comunicazione, Informazione, editoria, classe di laurea in Informazione e sistemi editoriali, Federica Biffi ha seguito corsi di storytelling, scrittura, narrazione. È appassionata di cinema e si interessa a tematiche riguardanti la sostenibilità, l'uguaglianza, l'inclusion e la diversity, anche in ambito digital e social, contribuendo a contenuti in siti web. Ha lavorato nell'ambito della comunicazione e collabora con la casa editrice ESTE come editor e redattrice.

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