Sfaticati e incompresi: aziende schiave dei Millennial

Choosy, fannulloni, “sdraiati”. Novelli Peter Pan, più propensi a ritardare il passaggio alla vita adulta che a costruirsi un futuro, o ragazzi-trofeo iper competitivi, cresciuti da genitori con aspettative troppo alte e poco tempo per insegnare come raggiungerle. Sui Millennial, la generazione nata tra gli Anni 80 e gli Anni 90, le definizioni si sprecano. Tutte, però, individuano uno stesso problema di fondo: il lavoro che non c’è o che i giovani non vogliono fare.

Per chi è diventato maggiorenne nel Nuovo Millennio, l’esordio non è stato dei migliori. La Net Generation, chiamata anche Generazione Y, è stata la prima ad aver affrontato una crisi economica epocale negli stessi anni in cui faceva il suo ingresso nel mondo del lavoro. Mentre i nonni o i genitori Baby Boomer cavalcavano la crescita passando direttamente dagli studi alla carriera, i Millennial si sono trovati davanti una realtà molto diversa da quella per cui si erano preparati.

Schiacciati dalla crisi, intrappolati dall’idea che l’occasione giusta sarebbe arrivata per tutti, alcuni hanno continuano per anni a destreggiarsi tra stage sottopagati e finte partite Iva, altri si sono arresi all’idea di aspettare. Andando ad arricchire le file dei cosiddetti Neet –acronimo di neither in employment nor in education or training– cioè i giovani che non studiano non hanno né cercano un impiego e non sono inseriti in alcun percorso di formazione.

E così sono sempre di più i casi che finiscono sui media nei quali gli imprenditori gridano la propria frustrazione per la fallita ricerca di persone per occupare posti di lavoro –non sempre iper specializzati– messi a disposizione. Uno degli ultimi casi è quello di un’azienda di Corsico, città dell’hinterland di Milano, che ha ricevuto numerose candidature di persone interessate a entrare nell’organizzazione, salvo poi assistere al fuggi fuggi dei candidati perché, ha raccontato l’imprenditore alla stampa, non interessati a lavorare “lontano da casa”. Insomma, dalle cronache sembra che i Millennial non abbiano voglia di ‘fare fatica’, non quella legata al sacrificio, bensì quella che conduce alla miglior performance (allenamenti, impegno, ecc.).

Ne abbiamo parlato con Daniere Marotta, Direttore Risorse Umane e Organizzazione di Cigierre e con Marco Bonetta, Recruitment Manager di Decathlon Italia. Inoltre nell’articolo è inserito un intervento di Giovanni Siri, Professore di Psicologia Generale che offre numerosi spunti per interpretare le caratteristiche dei Millennia.

L’articolo integrale è pubblicato sul numero di Luglio/Agosto/Settembre 2019 di Persone&Conoscenze.
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lavoro, fatica, giovani, Millennial


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Giorgia Pacino

Articolo a cura di

Giornalista professionista dal 2018, da 10 anni collabora con testate locali e nazionali, tra carta stampata, online e tivù. Ha scritto per il Giornale di Sicilia e la tivù locale Tgs, per Mediaset, CorCom - Corriere delle Comunicazioni e La Repubblica. Da marzo 2019 collabora con la casa editrice ESTE. Negli anni si è occupata di cronaca, cultura, economia, digitale e innovazione. Nata a Palermo, è laureata in Giurisprudenza. Ha frequentato il Master in Giornalismo politico-economico e informazione multimediale alla Business School de Il Sole 24 Ore e la Scuola superiore di Giornalismo “Massimo Baldini” all’Università Luiss Guido Carli.

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