Benessere

Star bene oltre il welfare

Quella di “benessere” è una definizione complessa, una questione articolata, che tiene conto di diversi fattori e aspettative. Nel contesto lavorativo post-pandemico il noto concetto di work-life balance è profondamente cambiato, in quanto le persone si rapportano all’attività professionale con tempi e modalità sempre più ibridi e flessibili, consapevoli che non esiste una distinzione netta tra le due sfere, ma anzi accogliendo il fatto che i confini vita-lavoro divengano sempre più labili e che la vita lavorativa influenzi la quotidianità, i bisogni e gli interessi del singolo, e viceversa.

D’altra parte, le stesse aziende devono rendersi conto di non avere più a che fare soltanto con ‘lavoratori’, ma con persone che, mentre svolgono le loro attività, fanno i conti con preoccupazioni, frustrazioni o carichi di cura che possono impattare sull’operatività quotidiana. Prendersi cura delle proprie persone in maniera più ampia e attenta non può portare a un beneficio solo in termini di produttività, ma anche rispetto alla ‘qualità della performance’ in generale, costruendo così un’organizzazione composta da persone coinvolte e motivate dal loro lavoro, anche perché si sentono riconosciute, ascoltate e capite. L’inchiesta di Persone&Conoscenze ha quindi voluto indagare l’evoluzione della sensibilità delle aziende rispetto al tema del benessere e del wellbeing, nel tentativo di esplorare se la questione è ritenuta un asset strategico e attraverso quali progetti e iniziative è promossa.

Una sfida nuova per le organizzazioni

Innanzitutto, prassi organizzative orientate a misurare il benessere rappresentano un chiaro segnale di quanto il tema sia considerato strategico all’interno delle organizzazioni. Dai risultati del questionario emerge che c’è una tendenza crescente in questa direzione, perché circa un terzo delle aziende (30,6%) ha dichiarato di aver strutturato un indice che valuta il benessere. “Sappiamo che una delle sfide principali per gli HR è fare i conti con il fatto che molti dei risultati da loro prodotti non possano essere ricondotti a una metrica ‘oggettiva’, proprio a causa della natura difficilmente quantificabile delle attività svolte. Sforzi orientati a individuare ‘indici’ che consentano di misurare e monitorare il fenomeno suggerisce, quindi, non solo il crescente conferimento di valore al tema in oggetto, ma testimonia anche un progressivo sforzo da parte delle organizzazioni verso una sistematizzazione e razionalizzazione dei processi di presidio”, sottolinea Daria Sarti, Professoressa di Organizzazione Aziendale dell’Università degli Studi di Firenze, che ha strutturato insieme con la redazione di Persone&Conoscenze il questionario inviato alle aziende. “Ci possiamo sicuramente aspettare che, se le organizzazioni continueranno a considerare il benessere strategico ancora in futuro, si imporrà la necessità di implementare e formalizzare sistemi, termini e parametri di misurazione sempre più strutturati”.

La componente imprescindibile di una strategia organizzativa del benessere, come sottolinea la docente, è la politica dell’ascolto. “Emerge nel questionario come i collaboratori apprezzino che i Responsabili delle Risorse Umane ascoltino le loro esigenze. In ottica organizzativa, l’ascolto capillare permette di comprendere le necessità reali della popolazione aziendale e, di conseguenza, permette di implementare misure coerenti”, spiega Sarti. In questo processo, il ruolo fondamentale è svolto dall’HR, in quanto garante e curatore dei processi di comunicazione interna che, partendo dall’ascolto, possa restituire ai collaboratori le soluzioni ai problemi sotto forma di attività concrete di benessere. “In una risposta aperta del questionario alcuni degli HR intervistati sottolineano l’importanza per le aziende di essere chiare nel comunicare i benefit e le iniziative che sono a disposizione delle persone. Non fornire le informazioni adeguate rispetto alle varie e possibili occasioni che sono presenti all’interno dell’organizzazione può produrre non solo inefficienze, ma anche vanificare gli sforzi e gli investimenti fatti”.

Ogni impresa ha una sua identità e unicità, pertanto il sistema di presidio del benessere organizzativo non può essere calato dall’alto attraverso soluzioni standard, ma piuttosto deve nascere da bisogni specifici e reali. Partendo quindi dal fatto che il benessere debba tutelare l’aspetto psicologico, fisico e sociale delle persone, l’azienda deve mettersi in ascolto delle proprie persone, misurare lo stato di wellbeing attuale e successivamente individuare strategie atte a migliorare, anche in ottica di attraction e retention. “Numerosi studi dimostrano che se i collaboratori si trovano bene e stanno bene all’interno di una organizzazione, rimarranno e lavoreranno con soddisfazione e in modo più produttivo. Allora il benessere può essere una delle carte da giocare per vincere la guerra dei talenti”, osserva la docente. Secondo Sarti, infatti, l’essenza dell’organizzazione non è altro che il promuovere il bilanciamento virtuoso tra i fini dell’azienda e i bisogni dei suoi collaboratori; e focalizzarsi sul benessere, in fondo, è una strategia win-win, perché si generano profitti per l’impresa e serenità nelle persone.

L’articolo integrale è pubblicato sul numero di Ottobre 2023 di Persone&Conoscenze.
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welfare, wellbeing, benessere aziendale


Martina Midolo

Martina Midolo

Classe 1996, Martina Midolo è giornalista pubblicista e si occupa di social media. Scrive di cronaca locale e, con ESTE, ha potuto approfondire il mondo della cultura d’impresa: nel raccontare di business, welfare e tecnologie punta a far emergere l’aspetto umano e culturale del lavoro.

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