Strategy execution e tecnologie a supporto per cavalcare l’innovazione
“Strategia” è una parola che ricorre spesso nel business per affrontare il tema del loro sviluppo. E non può essere altrimenti, visto che le aziende sono chiamate ad adattarsi ai cambiamenti di mercato e alle situazioni contingenti. Ma la strategia non può essere solo un approccio generico, perché servono piani di azioni orchestrati e mirati agli obiettivi. Se infatti nel passato i cambiamenti erano situazioni eccezionali, il digitale e l’innovazione tecnologica hanno rivoluzionato lo scenario e le aziende di ogni settore – non solo quelle del digital, ma anche le imprese manifatture e dei servizi comprese banche e assicurazioni – devono per forza adattarsi continuamente e con costanza alle spinte esterne, tenendosi al passo con i mutamenti.
Una risposta concreta all’accelerazione perpetua, ma che conferma anche il cambiamento continuo, è il proliferare di nuove figure con job title in linea con le nuove necessità: pensiamo, soprattutto, ai Chief Strategy Officer, ai Chief Operation Officer e ai Chief Transformation Officer, manager che nella maggior parte dei casi rispondono direttamente al vertice aziendale, chiamati a coordinare i processi di trasformazione che l’azienda decide di intraprendere. È noto, infatti, che per interpretare e affrontare le nuove sfide del mercato non bastano più solo le figure strategiche e competenti nel proprio settore: è sempre più essenziale trovare professionisti capaci di assumere un ruolo di coordinamento dell’innovazione.
Coordinare dall’interno la strategia di innovazione
La questione centrale, però, resta da sempre immutata: per gestire il cambiamento serve tradurre il piano in azioni concrete (si parla infatti di “strategy execution”). È questo l’approccio da adottare per essere davvero certi che il progetto di trasformazione e innovazione permetta di raggiungere gli obiettivi fissati. “È necessario trovare una figura che si occupi specificamente della esecuzione della strategia e soprattutto affidarsi a uno strumento integrato che aiuti a tenere tutto sotto controllo, monitorando i dati e, più di ogni altra cosa, agendo dall’interno”: questo è il pensiero di Luciano Martinoli, Leader della Business unit Strategy Execution di Axiante, Business Innovation Integrator che supporta le aziende nella trasformazione digitale e che proprio di recente ha acquisito in licenza esclusiva MySinglePoint (MySP), soluzione integrata pensata per l’esecuzione delle strategie aziendali.
Secondo il manager, non è più possibile affidarsi semplicemente a una società esterna per ideare un piano d’innovazione (anche se questo resta un passo da compiere). Una metafora, spiegata dallo stesso Martinoli, rende perfettamente l’idea del concetto dell’importanza (e dei benefici) della strategy execution: “Nessuno può imparare ad andare in bicicletta al posto di un altro”. L’esecuzione e la messa a terra delle strategie disegnate da consulenti esterni, infatti, dovrebbero essere organizzate internamente da chi lavora quotidianamente in azienda, con uno strumento a supporto.
Una soluzione gestionale che supporti l’esecuzione della strategia può di fatto aiutare l’azienda a individuare le solide basi per gestire i cambiamenti organizzativi. L’importanza di questa solidità è stata evidente durante i periodi di lockdown legati ai picchi della pandemia: le attività, anche se da remoto, hanno trovato continuità solo quando vi era una struttura capace di supportare i processi. Quando, invece, gli strumenti non erano in grado di offrire il necessario sostegno alla trasformazione, la continuità del business è stata messa alla prova, perché le aziende non hanno avuto il tempo di dotarsi di quanto necessario per rispondere a uno scenario del tutto nuovo.
Gestire dati e attività in un unico ambiente
I processi di cambiamento, si sa, sono percorsi a ostacoli, in particolare perché le aziende non possono permettersi di fermarsi, aggiornarsi e poi ripartire: l’innovazione deve essere introdotta mentre il business prosegue. Lo conferma Martinoli: “La trasformazione derivante da una strategy execution va sviluppata mentre l’organizzazione e le sue persone svolgono le loro attività quotidiane, perché si tratta di lavori on top; e tutto questo genera nuova complessità”. Ma è a questo punto che, secondo il manager, si forma in azienda una situazione ancor più complessa, perché le persone sono chiamate a svolgere un nuovo compito oltre a quello già assegnato, senza tuttavia avere uno strumento integrato in grado di mettere ordine.
A tutto questo si aggiunge anche la mancanza di tempo. Le strategie, poi, possono fallire anche a causa della complessità degli organigrammi: le persone si trovano a dover lavorare insieme quando tipicamente non sono abituate a farlo perché l’organizzazione le ha ‘divise’ per funzione (oppure sono geograficamente distanti, un caso tipico delle multinazionali).
“La strategia per gestire il cambiamento richiede tempo e sforzi, azioni e programmazioni. Gli strumenti che le aziende hanno oggi a disposizione per questo scopo sono frammentari e, quando le dimensioni delle imprese superano un certo livello, tutto questo risulta dispersivo”, nota Martinoli. Sul fronte della comunicazione si pensi, per esempio, a chat, mail e altri servizi di messaggistica istantanea. Ecco perché la soluzione MySP è stata pensata proprio per riunire in un singolo ambiente i dati e le attività, circoscrivendo il grande numero di operazioni e di processi in un unico software integrato.
Impostare la strategy execution con una tecnologia a supporto è il modo giusto per rispondere alla velocità dei cambiamenti. A prescindere dalla strategia e dall’obiettivo, che possono essere diversi a seconda del periodo e del mercato. Possono beneficiare di una strategy execution mirata non solo le aziende che vogliono digitalizzare i processi, ma anche quelle che vogliono puntare sempre più sui servizi intangibili, passare dal cartaceo al virtuale, remotizzare le postazioni di lavoro o riorganizzare semplicemente i propri organigrammi.
Sara Polotti è giornalista pubblicista dal 2016, ma scrive dal 2010, quando durante gli anni dell’Università Cattolica del Sacro Cuore (facoltà di Lettere e Filosofia) recensiva mostre ed eventi artistici per piccole testate online. Negli anni si è dedicata alla critica teatrale e fotografica, arrivando poi a occuparsi di contenuti differenti per riviste online e cartacee. Legge moltissimo, ama le serie tivù ed è fervente sostenitrice dei diritti civili, dell’uguaglianza e della rappresentazione inclusiva, oltre che dell’ecosostenibilità.
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