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Sugar tax e plastic tax, i danni alle PMI che scappano dall’Italia

Si parla tanto di reshoring, di rientro delle produzioni di aziende che in precedenza avevano delocalizzato in Paesi dell’Est Europa o asiatici. Ma a Catania succede l’opposto. Sibeg, azienda di proprietà della famiglia Busi, che da oltre 50 anni produce, imbottiglia e distribuisce le bibite del marchio Coca Cola, appena il Governo ha confermato due misure in manovra come sugar tax e plastic tax, ha deciso di annunciare la delocalizzazione: prima ha avanzato una richiesta di esuberi pari al 40% dei lavoratori (151 persone); poi ha deciso di spostare in Albania tutti gli investimenti che erano stati pianificati per Catania con il conseguente trasferimento all’estero di una parte della produzione.

Una minaccia resa ancora più concreta dalla circostanza che a Tirana Sibeg possiede già da tempo uno stabilimento per l’imbottigliamento fondato 25 anni fa e che produce circa 10 milioni di casse all’anno di bibite per un fatturato di 35 milioni di euro. In Albania sono impiegati circa 330 dipendenti, all’incirca lo stesso numero di Catania dove però per ora si producono 27 milioni di casse.

Con il blocco degli investimenti e lo spostamento delle linee di produzione è inevitabile che i rapporti di forza si invertano. “La decisione di Sibeg non rientra nel fenomeno del reshoring perché si tratta di una azienda italiana che comunque aveva già deciso da 25 anni di essere presente in Albania. In questo caso le motivazioni sono legate a un aumento del costo della produzione dovuto a sugar e plastic tax di circa il 15%. Secondo le dichiarazioni dell’azienda, si tratta di 18 milioni di maggiori tasse su 115 milioni di fatturato”, ragiona Luciano Fratocchi, Docente di Management Engineering all’Università de L’Aquila.

Il problema, quindi, è legato al settore del beverage e c’è da riflettere su quanto le politiche fiscali influenzino le scelte imprenditoriali. “È possibile il reshoring se il Paese che vuole attrarre questi investimenti pone delle condizioni adeguate di touring business”, aggiunge Fratocchi. “Non siamo, quindi, nella situazione di un’azienda che non vuole tornare in Italia, ma è il caso di un’impresa che ha una produzione in Albania già consolidata e che sceglie questa modalità per affrontare il problema della tassazione, che è molto importante”.

Per il docente, però, potrebbero esserci ancora margini per una trattativa che possa far desistere Sibeg dal concretizzare quanto annunciato. Anche perché l’Amministratore Delegato dell’azienda Luca Busi ha dichiarato che a Tirana la società paga ‘solo’ una flat tax del 15%, mentre in Italia la tassazione complessiva supera il 60% e la decisione di spostare in Albania gli investimenti previsti nei prossimi tre anni – quello per la linea di produzione dei formati piccoli e quello per l’imbottigliamento asettico – deriva proprio da questa constatazione.

La famiglia, inoltre, è storicamente legata alla nazione dei Balcani tanto che la Presidente della Sibeg, Maria Cristina Elmi Busi, è allo stesso tempo Vice Presidente di Confindustria Catania e di Confindustria Albania.

L’impatto della tassazione nella scelta di delocalizzare

“Tassazioni di questo tipo minano la competitività del Paese e la minano in un settore, quello alimentare e in particolare delle bevande, che per noi è importante. Ritengo che ci sia una volontà anche di capire se ci sono margini per spingere il Legislatore a ripensarci. Anche perché, per esempio, sulla plastic tax c’è stata una significativa riduzione dell’importo e anche uno spostamento a mesi successivi dell’entrata in vigore dell’imposta”, continua Fratocchi.

Inoltre ci sono previsioni, tutte da verificare, di una riduzione del mercato del 10% perché queste tasse almeno in parte si scaricheranno sul prodotto finito. “Se ci sarà un aumento del prezzo di vendita e l’aumento potrebbe arrivare al 20% del prezzo finale, il calo potrebbe essere sostanzioso”, sottolinea il docente.

Anche per David Dabiankov Lorini, Direttore di Assobibe, l’associazione nazionale di categoria che nel sistema Confindustria rappresenta le imprese che producono e vendono bevande analcoliche, è colpa delle nuove tasse. “Sono due misure che non aiutano crescita e occupazione, perché se si appesantiscono i conti delle aziende in un momento come questo di recessione e si chiede loro di versare milioni di tasse in più”.

“Così si incoraggiano scelte radicali e dolorose come quella di Sibeg o il taglio degli investimenti. Le vendite di bevande zuccherate si sono ridotte del 25% negli ultimi 10 anni. Se non si mette mano a questo carico fiscale ulteriore ci potranno essere anche altri casi simili e la preoccupazione concreta è emersa negli incontri di settore con i sindacati”.

Il messaggio è chiaro: “Impossibile pensare al reshoring quando poi il Governo introduce nuova tassazione. Eppure la volontà di rimanere in Italia era evidente proprio dagli investimenti programmati e che poi sono stati dirottati verso l’Albania”, aggiunge il Direttore di Assobibe. “È uno choc imprevisto da affrontare, legato a una situazione nuova”.

Ultimo aspetto è quello logistico: “Uno stabilimento in Albania ha vantaggi per tutta l’area balcanica, mentre uno stabilimento in Sicilia ha svantaggi logistici anche per l’Italia stessa. Fa pensare che fino a oggi lo stabilimento di Catania valeva quasi tre volte la produzione di quello di Tirana e che le nuove linee di imbottigliamento, anche interessanti dal punto di vista tecnologico, verranno deviate in Albania. Questo è un problema soprattutto in ottica prospettica. Perché una linea che dovrebbe andare a Tirana è quella dell’imbottigliamento asettico che credo avrà una crescita significativa”, conclude Fratocchi. Le conseguenze, quindi, saranno di lungo periodo e spengono le speranze di espansione – e dunque di nuovi posti di lavoro – per il territorio.

Sibeg e il difficile passo indietro

“Purtroppo sia la plastic tax sia la sugar tax sono diventate legge con l’approvazione della manovra. Abbiamo provato a far aprire gli occhi al Governo ma non è stato possibile. Siamo costretti a rifare il nostro business plan inserendo questo extra costo e quindi aumenteremo i prezzi al consumo del 20%: la bottiglia che prima costava 1,59 euro con il nuovo prezzo, da ottobre 2020, verrà pagata 1,99 euro. Chiaramente, aumentando i prezzi, ci saranno meno acquisti dei nostri prodotti e stimiamo una perdita di minimo il 27% del fatturato nel 2020. Quindi da 115 milioni che era la previsione, ci riduciamo a 86 milioni”, spiega l’Amministratore Delegato di Sibeg Luca Busi.

Il fatturato atteso, precisa l’azienda, ritorna a essere quello che veniva realizzato negli Anni 80. “Non potremo permetterci l’attuale costo del lavoro e siamo obbligati, purtroppo, a licenziare 135 lavoratori, su 355. Il 30% del volume in meno di produzione porta a una riduzione dei turni e, riducendo la dimensione aziendale, dobbiamo spingerci a ridurre ancora di più il personale. Per questo il taglio dei dipendenti sarà in percentuale più drastico”, aggiunge Busi.

Inoltre l’azienda conferma la scelta di dirottare tutti gli investimenti previsti verso lo stabilimento albanese. “Nel prossimi tre anni avevamo stabilito di fare due importanti investimenti che dovevano essere destinati su Catania, perché fino ai mesi scorsi era la nostra eccellenza. Ora, proprio a causa dei licenziamenti e delle tasse, portiamo a Tirana 50 nuovi posti di lavoro per due nuovi impianti, uno per le bottiglie di piccolo formato e uno per le lavorazioni asettiche”. Ci sono possibilità di ripensamento? “Se non cambiano le prospettive è difficile”, conclude Busi.

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Tomasin

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