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Superare la crisi climatica con il soft power

Si torna a parlare di soft power. Questa volta in relazione ai cambiamenti climatici, questione sempre più attuale e che richiede un rinnovato dialogo inclusivo, perché nessuno può dirsi non coinvolto. E così la seconda giornata della quinta edizione della Venice Soft Power Conference – promossa dal Soft Power Group e ospitata dalla Fondazione Cini sull’Isola di San Giorgio Maggiore a Venezia, dal 26 al 27 agosto 2024 – si è aperta con l’approfondimento dal titolo “Superare la crisi climatica è possibile solo con il consenso popolare”, coordinato da Barbara Quacquarelli, Professoressa Associata di Organizzazione Aziendale presso l’Università degli Studi di Milano-Bicocca e Direttrice Editoriale della rivista MIT Sloan Management Review Italia (magazine edito dalla casa editrice ESTE, editore anche del nostro quotidiano).

A confermare che il dialogo è alla base delle possibili soluzioni del cambiamento climatico è stato l’intervento di apertura di Faith Birol, Direttore Esecutivo dell’Agenzia Internazionale dell’energia (Iea), collegato dalla sede di Parigi, che ha ricordato come l’80% delle emissioni globali di gas serra è generato dal settore energetico. Per questo, senza una trasformazione del mercato, non c’è modo di prendersi cura del Pianeta (l’Iea è al fianco dei Governi per il cambiamento). Ci sono però alcune ragioni, secondo Birol, per avere speranza nel futuro, perché “la trasformazione sta avvenendo velocemente”. Per esempio, in ambito energetico, l’85% dei plant di produzione sono stati riconvertiti in energie pulite: “Cinquant’anni fa, l’idea dell’energia solare era costosa e ‘romantica’, ma oggi è economica e non più romantica”, ha spiegato Birol.

Anche l’elettrificazione dei trasporti che appena tre anni fa era economicamente non sostenibile, oggi ha costi più competitivi (grazie anche agli incentivi governativi). Da qui si capisce perché se fino a qualche anno fa gli investimenti in energie fossili erano pari a quelli in energie rinnovabili, oggi l’assetto vede queste ultime ricevere circa il doppio dei fondi: “Le emissioni di gas serra hanno conseguenze su tutti e se l’Unione europea si è data l’obiettivo di azzerarle (entro il 2030 del 55%, entro il 2050 del 100%), così non è stato deciso dal resto del mondo. Quindi serve una riduzione da parte di tutti e un forte sostegno a questi Paesi”.

Coinvolgere i cittadini nella transizione energetica

Qual è la posizione dell’Italia rispetto alle azioni per contrastare il cambiamento climatico? A spiegarla è stato Gilberto Pichetto Fratin, Ministro dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, che ha ribadito l’impegno di coniugare la decarbonizzazione con le esigenze sociali ed economiche: “Bisogna tenere in considerazione gli interessi della comunità”, è stata la tesi del rappresentante dell’Esecutivo. Il rischio, infatti, è che le riforme possano rendere la transizione ambientale “invisa” ai cittadini. Ma che serva una svolta è chiaro: “Questo cambiamento è come la rivoluzione che dal vapore ci ha condotti al motore a scoppio”, ha chiarito Pichetto Fratin. È qui che entra in gioco – ancora una volta – il soft power: “Occorre un potere di persuasione che permetta di portare a bordo del cambiamento l’opinione pubblica per avere una posizione univoca a livello europeo nonostante la diverse realtà vissute dagli Stati dell’Ue”.

Tuttavia, il Ministro ha invitato a non scadere nell’approccio “proibizionista” dell’approvvigionamento energetico, evitando quindi i divieti. Per esempio, nel settore dei trasporti l’Italia sostiene l’introduzione dei nuovi combustibili piuttosto che lo stop dei motori endotermici imposto dall’Ue entro il 2035: “Bisogna agire sull’effetto e non sullo strumento”, ha detto Pichetto Fratin. L’obiettivo italiano è l’introduzione dei biocarburanti nella tassonomia europea, anche perché è una tematica che ci vede come eccellenza. “L’auto elettrica farà la parte preponderante tra 20 anni, ma siamo contrari alla mono cultura dell’elettrico”, è la posizione del Governo.

Ancora una volta il Ministro ha fatto appello a utilizzare messaggi “chiari, onesti e trasparenti” in tutti i percorsi di cambiamento, usando la persuasione per convincere i cittadini. E nell’assise di Venezia è tornato a sponsorizzare l’uso dell’energia nucleare come “unica soluzione per rispondere alle nuove necessità energetiche”, nonostante gli italiani si siano già pronunciati in merito con ben due referendum. Ma proprio per essere onesti, bisogna ammettere che i futuri bisogni energetici del nostro Paese non potranno essere soddisfatti dalle sole energie fossili: “Dobbiamo convincere i cittadini che senza l’energia nucleare non potremo raggiungere gli obiettivi”. Le tecnologie per la produzione di questa tipologia di energia, infatti, stanno evolvendo e si abbandoneranno presto le tradizionali centrali nucleari per fare spazio ai piccoli reattori (2035) e alla fusione nucleare (un eldorado che potrà concretizzarsi, secondo alcune stime, in una trentina d’anni).

In attesa che il tema torni in agenda, il Governo ha concentrato la sua azione nel ‘ribaltare’ la provenienza dell’energia, passando da quelle fossili alla maggioranza rinnovabile. Poi c’è il capitolo ‘nuove energie’, come l’idrogeno. Su questo aspetto l’Esecutivo ha firmato un accordo con Germania, Austria e Svizzera per la realizzazione di un corridoio di circa 3.300 chilometri per portare nel Vecchio Continente l’idrogeno dall’Africa: “È un progetto del Piano Mattei che coinvolge i Paesi africani e che si affiancherà ad altre iniziative”.

Educare le persone alla consapevolezza del climate change

Alla luce delle numerose questioni legate al cambiamento climatico, Quacquarelli ha evidenziato come non bastino soluzioni che siano scientificamente ed economicamente valide, serve il coinvolgimento delle comunità: “Solo con il consenso popolare si può gestire il cambiamento”, ha spiegato la docente. Le ha fatto eco Gabi Schmidt, Parlamentare bavarese e Vice Presidente dell’Istituto Democratici europei (Ied), d’accordo che serva far cambiare la percezione delle tematiche e che è necessario un cambiamento di atteggiamento. A suo giudizio più che il nucleare bisogna ripensare all’uso dell’energia, ipotizzando una soluzione comune, anche perché il cambiamento climatico ha conseguenze costose, di cui ancora poco si parla. Servono poi ingenti capitali per gestire questa fase di trasformazione e questo aspetto rischia che il tema entri nelle agende di pochi Paesi, mentre la questione riguarda tutti, anche quegli Stati con meno risorse.

Ma come coinvolgere anche quelle realtà i cui cittadini hanno meno consapevolezza del cambiamento climatico? A spiegarlo è stata Fatou Jeng, Consulente sul clima per la Segreteria Generale dell’Onu, che ha ribadito come il tema è una “minaccia globale” che “riguarda tutti”. Lei stessa, provenendo da una famiglia di agricoltori del Gambia, se n’è resa conto da tempo e da qui si è data la mission di promuovere l’educazione per generare consapevolezza. In particolare la diplomatica è impegnata a nel coinvolgimento dei giovani, diffondendo l’idea che il cambiamento climatico è una questione prioritaria: secondo le sue stime, il 50% della popolazione africana non ne è consapevole e quindi neppure i partiti politici insistono sulla questione. “Solo con la conoscenza diffusa tra i cittadini si permetterà alla politica di parlarne”, ha spiegato. Non è quindi un caso che se nel Nord del mondo prolifichino i partiti ‘verdi’, ciò non avviene nel Sud. La soluzione di Jeng è dunque puntare a una partnership con i giovani, le popolazioni indigene e le Organizzazioni non governative (Ong) che possono portare la loro visione per progetti davvero sostenibili.

Per un nuovo sviluppo (sostenibile) delle città

La questione energetica non è affrontabile senza un approfondimento legato alle nuove tecnologie, in particolare all’Intelligenza Artificiale (AI): si pensi ai consumi di energia legati alle ricerche sul web e a quelle di gran lunga più energivore su ChatGpt. Come conciliare l’innovazione con la riduzione dell’impatto energetico? A rispondere alla domanda è stato Carlo Ratti, fondatore dello studio di architettura CRA-Carlo Ratti Associati e docente al MIT di Boston, secondo il quale se gli addetti ai lavori sono ottimisti sul futuro del Pianeta, gli studenti vivono con ansia i cambiamenti climatici. A suo giudizio l’attenzione deve essere posta sulla realizzazione e sviluppo delle città: il 2% delle metropoli, infatti, ospita il 55% della popolazione mondiale, che consuma l’80% delle risorse e ne produce il 75%.

A Venezia, Ratti ha illustrato due recenti progetti innovativi di soluzioni tecnologiche applicate allo sviluppo delle città. Il primo riguarda la decarbonizzazione di Helsinki, con il progetto Hot Heart, che ha vinto il concorso internazionale Helsinki Energy Challenge per trovare soluzioni sostenibili per il riscaldamento urbano. In estrema sintesi – e senza perdersi nei dettagli tecnici – la proposta prevede la costruzione di 10 bacini galleggianti al largo della capitale finlandese, che immagazzinano acqua di mare riscaldata fino a 80 gradi e che funzioneranno come una ‘batteria termica gigante’, utilizzando pompe di calore per convertire l’energia elettrica rinnovabile. In tema di soft power, Ratti ha spiegato che un progetto di queste proporzioni è stato possibile solo grazie alla partnership con numerosi altri soggetti.

L’altro progetto illustrato è CapitaSpring, il grattacielo di 280 metri situato nel cuore del distretto finanziario di Singapore e completato nel 2022: è un esempio di urbanismo verticale che integra spazi verdi in tutta la struttura con uffici, residenze e ristoranti. L’edificio ha ottenuto certificazioni di sostenibilità come il Green Mark Platinum e l’Universal Design GoldPlus.

L’incontro è stato per Ratti l’occasione anche per anticipare il programma della Biennale di Architettura del 2025, che lo vede nel ruolo di Direttore. Il tema scelto è “intelligens in latino, perché in sé contiene le declinazioni dell’intelligenza naturale, artificiale e collettiva, attraverso le quali si esplora l’integrazione di diverse discipline nell’ambiente costruito, enfatizzando le soluzioni innovative e sostenibili. “Venezia è un patrimonio fragile e quindi è il laboratorio ideale per sperimentare soluzioni rispetto ai cambiamenti climatici”, ha spiegato l’architetto, che tra le novità della ‘sua’ Biennale propone un contest per la raccolta di idee, un’apertura a tutta la comunità per coinvolgere un pubblico più ampio degli ‘addetti ai lavori’ e l’ambizioso progetto di una città a zero rifiuti (la stessa manifestazione rispetta questo principio).

Attivare partnership per lo sviluppo sostenibile

A ribadire la necessità di una rapida azione è stato anche il principe della Giordania El Hassan Bin Al Talal, il cui pensiero è stato riportato dall’Ambasciatore giordano a Roma, Quais abu Daieh: il reale ha ricordato che stiamo vivendo nell’epoca del sovra riscaldamento globale – come evidenziato anche da Antonio Guterres, Segretario Generale dell’Onu – e per la gestione dei disastri è importante prima comprenderli. Per esempio, le Nazioni unite riportano che per il meteo estremo – come le ondate di calore in Medio Oriente e in Africa – nei prossimi 10 anni ci saranno 200 milioni di migranti. Questo scenario creerà nuove crisi umanitarie, con le guerre a complicare l’adozione di soluzioni: gli stessi conflitti producono conseguenze ambientali che sono messe pericolosamente in secondo piano.

La proposta di Bin Al Talal è quella di un “approccio bottom up e non convenzionale”, che coinvolga soggetti sovranazionali in modo responsabile. E soprattutto senza far ricorso alle strutture del XX secolo che non possono adattarsi alle nuove sfide: “Serve un cambio di rotta, altrimenti non si riuscirà a raggiungere gli obiettivi dell’Onu, come il 17, che prevede proprio l’attivazione del partenariato per lo sviluppo sostenibile”, ha detto il reale giordano.

Ancora una volta emerge che l’approccio ‘troppo’ analitico per risolvere il dilemma del cambiamento climatico rischia di non essere efficace; Quacquarelli ha proposto allora di individuare una nuova strategia di storytelling, che punti al cuore delle persone, facendo leva sulle emozioni, ricorrendo alla musica, ai video, alle storie, in piena sintonia con la strategia di soft power promossa dal convegno. In questo senso si è inserito l’intervento conclusivo di Charles Rivkin, Chairman e CEO di Motion Picture Association (Mpa) che nel suo video ha puntato sull’uso di un linguaggio condiviso che vada oltre i confini. E i film, dunque, diventano lo strumento più idoneo per concretizzare il soft power.

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Dario Colombo

Articolo a cura di

Giornalista professionista e specialista della comunicazione, da novembre 2015 Dario Colombo è Caporedattore della casa editrice ESTE ed è responsabile dei contenuti delle testate giornalistiche del gruppo. Da luglio 2020 è Direttore Responsabile di Parole di Management, quotidiano di cultura d'impresa. Ha maturato importanti esperienze in diversi ambiti, legati in particolare ai temi della digitalizzazione, welfare aziendale e benessere organizzativo. Su questi temi ha all’attivo la moderazione di numerosi eventi – tavole rotonde e convegni – nei quali ha gestito la partecipazione di accademici, manager d’azienda e player di mercato. Ha iniziato a lavorare come giornalista durante gli ultimi anni di università presso un service editoriale che a tutt’oggi considera la sua ‘palestra giornalistica’. Dopo il praticantato giornalistico svolto nei quotidiani di Rcs, è stato redattore centrale presso il quotidiano online Lettera43.it. Tra le esperienze più recenti, ha lavorato nell’Ufficio stampa delle Ferrovie dello Stato italiane, collaborando per la rivista Le Frecce. È laureato in Scienze Sociali e Scienze della Comunicazione con Master in Marketing e Comunicazione digitale e dal 2011 è Giornalista professionista.

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