Tutti (uni)formati con la laurea breve di Google
Il colosso del web apre la nuova stagione della formazione. Ma è ciò che ci serve?
Forse, presto nessun datore di lavoro cercherà più laureati di primo o secondo livello. Forse, ogni diploma universitario sarà spazzato via dai Google Career Certificates. Google ha deciso di entrare con tutto il suo peso nel mercato dell’alta formazione. “Google Has a Plan to Disrupt the College Degree“: vari titoli simili appaiono in questi giorni sulle riviste americane specializzate, riprendendo il tweet del 24 agosto 2020 di Kent Walker, Senior Vice President Global Affairs di Google, che ha lanciato la ‘laurea’ in sei mesi per formare figure di alto livello in vari settori tecnologici.
Professori universitari italiani, nell’immaginare l’università digitale – l’università del futuro – si sono accaniti nell’immaginarla come Mooc, acronimo di Corso massivo on line: una sola cattedra, e un’aula senza confini. I professori, invidiosi dell’enorme platea di cui dispone Google, hanno cercato di imitare il colosso del web. Ben gli sta, mal gliene incolse. Ora Google ci prova sul serio, scende in campo e propone di sostituirsi a ogni Università del globo.
Ciò che spaventa è certo la semplificazione, l’abbreviazione. Corsi più semplici, di minor durata. Più superficiali. Ciò che spaventa è la specializzazione, la rinuncia ai fondamenti per una formazione mirata a un solo, specifico ruolo professionale. Ma ciò che soprattutto spaventa è l’uniformazione; l’universalismo. La stessa formazione per tutti.
Dobbiamo ripeterlo: Google non fa che portare all’estremo – e imporre con i propri enormi mezzi – e offrire sul mercato godendo delle proprie economie di scala, un trend formativo che colpevolmente le Università stanno già adottando da sole. “Become job-ready for in-demand, high-paying roles: Qualify for jobs across fields with median average annual salaries of over $50,000“: Google riduce a questo la formazione universitaria. Peccato le stesse Università si combattono tra loro usando proprio questi stessi messaggi pubblicitari.
Articolo a cura di
GuastafEste