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Ue, storia di una comunità che si scopre vulnerabile nell’emergenza

Marzo è stato un mese importante per l’Italia e per l’Europa: il 25 marzo 1957 sei Paesi europei – Francia, Germania Occidentale, Italia, Paesi Bassi, Belgio e Lussemburgo – firmarono il trattato istitutivo del Mercato comune tra gli Stati contraenti. L’obiettivo era quello di creare un mercato unico in cui fosse assicurata la libera circolazione delle merci, dei lavoratori, dei capitali e dei servizi nei Paesi aderenti. A questo scopo fu istituita la Cee (Comunità economica europea) vista come il primo pilastro verso l’Unione europea.

Sembra passata un’era geologica da quell’anno. Oggi l’Ue – nata proprio da quel primo accordo – si trova di fronte a una minaccia nuova, una sfida complessa e inaudita che può rappresentare un ostacolo forse insormontabile che ne mina la sua esistenza. L’emergenza Covid-19 ha preso alla sprovvista l’Ue e i suoi Stati membri, causando diffidenze e rivendicazioni.

In Italia, Paese che conta più contagi della Cina (dove l’epidemia è partita) ed è dietro solo a Stati Uniti e Spagna, inizia a serpeggiare un sentimento di ostilità e rancore, anche nella classe dirigente, nei confronti di un’Ue paralizzata. Addirittura sui social sono già comparsi sondaggi per un’ipotetica Italexit. E come se non bastasse, il Presidente degli Stati Uniti Donald Trump, nel corso di una recente intervista, parlando con Nigel Farage, leader del partito della Brexit, ha affermato: “Anche altri Paesi, l’Italia e non solo, starebbero molto meglio senza l’Ue”.

In una situazione di reale emergenza, al momento, pare che l’Ue non sia capace di fronteggiare il problema in modo collettivo. Questa emergenza sanitaria potrebbe quindi essere il nuovo, e forse maggiore, problema da risolvere nel corso dei prossimi anni. Oppure siamo di fronte all’inizio della fine dell’Ue?

Uniti per la ricostruzione del Vecchio Continente

Per capire il futuro, è utile ritornare a guardare il passato. L’idea di un’unione economica – e politica – tra Stati europei, sebbene aleggiasse già nel periodo pre-bellico (ne era sostenitore l’economista britannico John Maynard Keynes) iniziò a essere considerata seriamente solo dopo la conclusione del secondo conflitto mondiale. Emblematico è il Manifesto di Ventotene composto da Alfiero Spinelli, Ernesto Rossi ed Eugenio Colorni, pubblicato nel 1944 con il titolo “Per un’Europa libera e unita”, considerato uno dei testi fondanti dell’Ue.

La convinzione che la coesione tra nazioni europee fosse necessaria era supportata dalla volontà di accelerare il processo di ricostruzione europea e di evitare che potessero nascere nuovamente conflitti in Europa. Un’eventuale unione, oltre a favorire lo sviluppo economico dei Paesi membri, si pensava che avrebbe anche potuto evitare i nazionalismi estremi che avevano preso piede nel continente nel corso della Seconda Guerra mondiale.

Nel 1948 furono, pertanto, creati il Movimento europeo internazionale e il Collegio d’Europa e l’anno successivo vide la nascita del Consiglio d’Europa, il quale però non portò ai risultati sperati da sei nazioni che decisero di istituire la Comunità europea del carbone e dell’acciaio (Ceca) con il trattato di Parigi nel 1951. Quest’ultima era vista come il punto di partenza di un processo federale europeo e precorse ciò che sarebbe poi stato poi istituito a Roma pochi anni dopo, ovvero la Cee e il Mec.

Insieme con quest’ultimi, con i trattati di Roma venne varata anche la Comunità europea dell’energia atomica (Euratom) al fine di cooperare nello sviluppo dell’energia atomica, la quale, insieme con Cee e Ceca, sono stati i pilastri su cui è andata a poggiare l’Ue. L’unione economica dei Paesi aderenti veniva vista inoltre come passo preliminare verso un’eventuale unione politica degli Stati membri.

Dall’unione economica alla nascita di una comunità

Già negli Anni 60 furono eliminate le barriere tariffarie, ma la libera circolazione delle merci continuò a essere rallentata e ostacolata dalla presenza di problemi di natura non tariffaria, per esempio diversità di norme nei vari Paesi. Era quindi evidente che un mercato comune non soggetto a dazi doganali e restrizioni fosse utile a tutti gli Stati europei ed è per questo che negli anni sempre più Paesi sono entrati a far parte della Cee.

Nel 1956 fu la Gran Bretagna a proporre di estendere l’area di libero scambio europeo (Mec), iniziativa bloccata dalla Francia che mise il veto sull’espansione della nuova area. Così l’Inghilterra, insieme con altri Paesi non facenti parte della Mec – per esempio la Svezia – crearono l’Associazione europea di libero scambio (Efta), che vide la luce nel 1960.

Il 1973 fu uno degli anni più importanti per l’Ue dato che l’Inghilterra, l’Irlanda e la Danimarca entrarono nella Cee, in modo da rendere possibile una serie di accordi tra Efta e Cee che assicuravano uniformità nelle politiche economiche delle due organizzazioni, approdando nell’accordo per lo Spazio economico europeo (See).

La Cee, vista come la più importante delle tre Comunità europee, venne trasformata nel 1992 con il Trattato di Maastricht nella Comunità europea (Ce) fino alla sua soppressione formale nel 2009 perché assorbita dall’Ue.

Il fatto che dal nome Comunità europea fosse eliminata la parola “economica” mostrava l’aspirazione di estendere le competenze della comunità, che avrebbero potuto portare alla tanto agognata unione politica. Con il trattato di Lisbona (2007) nacque ufficialmente l’Ue, ingranditasi negli anni grazie all’ingresso di vari Paesi nel corso degli anni.

Durante lo scorso decennio, tuttavia, la coesione dell’Ue sembra esser stata messa in discussione più volte. I tre problemi fondamentali hanno riguardato la crisi del debito in alcuni Paesi dell’Eurozona, la crisi europea dei migranti e infine la Brexit. E adesso tocca al coronavirus.

Unione europea, economia coronavirus, emergenza economica, mercato unico, Europa del futuro

Tomasin

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