Valorizzare le differenze per reagire all’era delle incertezze

Se tutelate, le differenze possono essere un fattore di crescita perché generano una cultura aziendale innovativa.

Ciascuno di noi vive più ruoli contemporaneamente, sia a livello professionale sia personale. Si tratta di una realtà con cui facciamo i conti ogni giorno, in modo ancora più intenso negli ultimi mesi. La pandemia ha riscritto la ‘topografia’ delle connessioni e relazioni, costringendo le organizzazioni a riconoscere che le persone ricoprono molteplici funzioni: lavorano, sono genitori, partner, figli, amici, ecc. Se riconosciuta e valorizzata, la diversità dei ruoli e delle competenze può trasformarsi in un’occasione di crescita e arricchimento. Con la parola “differenza”, infatti, non si indica solamente il genere, ma anche la cultura, gli studi, l’etnia, la provenienza, la lingua, l’orientamento sessuale e il background di esperienze di ogni persona. Includere e tutelare questi aspetti è più di un compito delle Risorse Umane: fa bene al business ed è la risposta a una richiesta a livello mondiale di aumentare la consapevolezza sociale perché le differenze possano veramente effettuare un cambiamento, non solo nelle aziende.

Le imprese che hanno attuato un percorso di tutela e valorizzazione delle differenze socioculturali, infatti, hanno registrato un aumento dei ricavi fino al 16,7%, come era stato annunciato già nel 2018 dal Diversity brand summit, evento europeo che mette in relazione diversità e business.

Nel 2020, il Diversity brand index (Dbi) su cui si basano i dati ha confermato questo impatto positivo per temi come fiducia, passaparola positivo e crescita aziendale: il divario in termini di crescita dei ricavi tra un brand inclusivo e un marchio che non lo è, infatti, può superare il 23% a favore dell’azienda più inclusiva. Secondo il Dbi, in un’organizzazione dove le diversità sono tutelate, questi sono alcuni dei vantaggi: le persone si sentono accettate e questo impatta positivamente sull’engagement e la produttività; la convivenza di capacità e di educazioni diverse abilita l’organizzazione ad affrontare problemi critici da varie prospettive, minimizzando il rischio di una mentalità unilaterale che spesso limita la creatività e l’innovazione; le differenze di background dei lavoratori che sono a stretto contatto con i clienti possono essere una risorsa per comprendere le diverse richieste dei consumatori; le organizzazioni che incoraggiano la diversità sono viste come più etiche e l’immagine aziendale ha una reputazione positiva. Inoltre, tutto questo attira e soprattutto mantiene i talenti.

Apprezzare le differenze fa bene al business e agli Stati

“Scoprendo le proprie risorse con un percorso di sviluppo personale tramite il coaching, i manager riusciranno anche a vedere quelle presenti in azienda, cioè le persone”, spiega Sabrina Colombo, CEO di Digital Learning, società di formazione che tra i servizi propone Mastermamma, master online per genitori e caregiver pensato per dare supporto alla formazione genitoriale dei dipendenti.

“Tutelare le differenze per Intesa Sanpaolo significa anche multi-generazionalità, orientamento affettivo, età, etnia, nazionalità e credo religioso, condizioni fisiche e psichiche. Significa rispetto, pari opportunità, meritocrazia e valorizzazione di tutte quelle caratteristiche che rendono unica ogni persona”, sottolinea Chiara Pastorino, Responsabile Divisione Diversity & Inclusion Intesa Sanpaolo.

“La diversità deve essere considerata un vero e proprio valore”, commenta Angela Paparone, Direttore Risorse Umane Microsoft Italia. “Se questo viene a mancare, tutto il Paese perde competitività e opportunità di crescita. Scenario che, in un momento complesso come quello attuale, l’Italia non può permettersi”.

Non bisogna dimenticare, infatti, che il tasso di occupazione femminile in Italia è al di sotto del 50% da più di 10 anni. Inoltre, il Global gender gap report, introdotto dal Forum economico mondiale, colloca il nostro Paese al 76esimo posto su 153 per il gender gap: “Secondo alcuni studi, in Italia si arriverà alla parità di genere tra 99 anni”, ricorda Giuditta Alessandrini, Professore Ordinario di Pedagogia Sociale e del Lavoro all’Università degli Studi di Roma Tre, coautrice di un recente volume sul tema, Diversity management (Armando Editore, 2020).

“Il livello dei salari femminili era già sistematicamente più basso rispetto agli uomini e c’era una maggiore presenza in lavori a tempo determinato e part time, che in tempo di crisi economica sono di solito i primi a essere eliminati”, spiega Paola Profeta, Professore Associato di Scienza delle Finanze all’Università Bocconi che ha condotto la ricerca Women’s and men’s work, housework and childcare, before and during covid-19 e ha scritto Gender equality and public policy. Measuring progress in Europe.

Alcune aziende in Italia hanno già chiaro il valore delle differenze

In attesa di interventi strutturali sulle differenze di genere, reclamati ormai da anni, alcune aziende in Italia si sono già mosse verso questa direzione. “Già da tempo all’interno dell’azienda è stata istituita la divisione permanente ‘Felicità e Valori’, che considera la felicità un diritto di tutti e la condivisione di valori etici una condizione imprescindibile per far parte di questa organizzazione”, racconta Debora Moretti, Board Member e People & Organization Manager di Zeta Service. “Differenza per noi vuol dire possibilità di crescita, di confronto, vuol dire accoglienza del nuovo”.

La cura delle differenze e dell’inclusione fa sì che le organizzazioni, mediante i loro leader, si preoccupino delle persone. “Cura è una parola chiave quando si tratta di salute e sicurezza: saremo in grado di mantenere ciò che abbiamo appreso negli ultimi mesi, anche in termini di conciliazione vita privata-lavoro, dando valore a questo mix anche per il futuro?”, si chiede Gabriella Fraire, Consigliera dell’Associazione che riunisce i Risk Manager e i Responsabili Assicurazioni Aziendali italiani (Anra) e Insurance Manager di Prysmian Group.

Convinta che la diversità porti alla creazione di valore è anche Nespresso, che conta in Italia circa 70 punti vendita, chiamate “boutique”. Per il 2021 ha in programma un progetto sul gender balance: “La cultura della diversità dovrebbe far parte del Dna di ogni azienda e raccontata continuamente: non essere calata dall’alto da trainer o formatori. Preferiamo lavorare su conoscenza e consapevolezza condivisa dei temi piuttosto che creare corsi di formazione ad hoc”, spiega Simona Liguoro, HR Director di Nespresso Italiana.

L’articolo integrale è pubblicato sul numero di Ottobre-Novembre della rivista Persone&Conoscenze.
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Gender diversity, diversity, crisi, donne


Elisa Marasca

Elisa Marasca

Elisa Marasca è giornalista professionista e consulente di comunicazione. Laureata in Lettere Moderne all’Università di Pisa, ha conseguito il diploma post lauream presso la Scuola di Giornalismo Massimo Baldini dell’Università Luiss e ha poi ottenuto la laurea magistrale in Storia dell’arte presso l’Università di Urbino. Nel suo percorso di giornalista si è occupata prevalentemente di temi ambientali, sociali, artistici e di innovazione tecnologica. Da sempre interessata al mondo della comunicazione digital, ha lavorato anche come addetta stampa e social media manager di organizzazioni pubbliche e private nazionali e internazionali, soprattutto in ambito culturale.

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