Welfare aziendale, il ruolo sociale delle imprese (non solo grandi)
Il welfare aziendale in Italia ha raggiunto un importante livello di maturità. E continua a crescere la consapevolezza del ruolo sociale nelle Piccole e medie imprese (PMI). Oggi, infatti, le iniziative, i beni e i servizi che possono mettere a disposizione le aziende non sono più solo appannaggio di quelle grandi e delle multinazionali, ma coinvolgono anche le più piccole, che compongono, peraltro, in modo sostanzioso il tessuto produttivo italiano. In questo contesto, una forte spinta l’hanno data gli incentivi relativi al Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr), che non copre aree dedicate solo ai grandi investimenti, ma chiama in causa l’intero settore privato e pubblico.
A delineare lo scenario sono le informazioni che emergono dal Rapporto Welfare Index PMI 2022 sullo stato del welfare nelle PMI italiane, giunto alla settima edizione e presentato a Roma a inizio dicembre 2022; alla ricerca hanno partecipato oltre 6.500 imprese di tutti i settori produttivi, di diverse dimensioni e provenienti da tutta Italia: oltre il 68% ha superato il livello base di welfare ed è raddoppiato il numero di PMI con livello alto e molto, passando dal 10,3% del 2016 al 24,7% del 2022. “Sono segnali da accogliere con interesse per quello che possono rappresentare le imprese per il futuro”, ha affermato Marina Elvira Calderone, Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali durante l’evento.
La quota di imprese con livello elevato di welfare è massima (70,7% nel 2022 contro il 64,1% nel 2017) tra quelle con oltre 250 addetti; è molto rilevante (66,8% contro il 59,8% nel 2017) nelle PMI tra 101 e 250 addetti. Raddoppiano le microimprese (da 6 a 9 addetti) con un livello elevato di welfare che passano dal 7,7% del 2017 al 15,1% del 2022. L’incremento è dovuto in buona parte alla semplificazione delle normative e alle risorse pubbliche stanziate per la protezione sociale, incoraggiando anche le aziende più piccole a impegnarsi a sostegno delle famiglie. “Il rapporto certifica come chi ha programmi di welfare evoluti ha maggior successo come impresa, investendo, tra gli altri, in Sanità, Formazione e Inclusione Sociale”, ha rivelato Giancarlo Fancel, Country Manager & CEO di Generali Italia.
La fotografia sullo stato del welfare nelle PMI italiane – promossa dalla nota compagnia assicurativa – si basa su un modello di analisi organizzato in dieci aree: previdenza e protezione; salute e assistenza; conciliazione vita-lavoro; sostegno economico ai lavoratori; sviluppo del capitale umano; sostegno per educazione e cultura; diritti, diversità, inclusione; condizioni lavorative e sicurezza; responsabilità sociale verso consumatori e fornitori; welfare di comunità. L’iniziativa ha patrocinio della Presidenza del Consiglio dei Ministri e con la partecipazione delle principali Confederazioni italiane: Confindustria, Confagricoltura, Confartigianato, Confprofessioni e Confcommercio.
Le PMI con welfare più evoluto hanno un maggiore impatto sociale
Dall’analisi emerge che le aziende e i grandi industriali possono essere abilitatori di benessere traducendosi in un punto di riferimento per lavoratori e famiglie. A confermarlo è Fancel: “Il welfare aziendale è un fattore strategico per le imprese e una priorità per il Paese, anche per raggiungere gli obiettivi del Pnrr attraverso una partnership tra il settore pubblico e il privato”. Un aspetto rilevante riguarda la focalizzazione del contributo del piano di investimenti su molteplici aree di intervento. “Si parla di giovani, inclusione, diversità e sviluppo del capitale umano; il filo conduttore delle esperienze è l’impatto sociale”, ha continuato Fancel.
Le PMI con welfare più evoluto ottengono un maggiore impatto sociale sui propri stakeholder: lavoratori e famiglie, fornitori, clienti e comunità. Inoltre, contribuiscono molto di più della media alla crescita dell’occupazione di donne e giovani. “Le aziende sono in prima linea nel produrre innovazione sociale a fianco delle famiglie e dei territori in cui operano, intercettando i bisogni emergenti, come dimostrano le iniziative sociali delle realtà presenti in questa edizione”, ha precisato il manager.
Secondo il rapporto, le imprese che concepiscono il welfare come leva strategica di sviluppo sostenibile sono raddoppiate: da 6,4% del 2016 a 14,1% del 2022. Ben l’87,5% di queste aziende genera un impatto sociale di livello elevato, contro una media generale del 38%; tuttavia, per le PMI a uno stadio iniziale di sviluppo di welfare tale percentuale si ferma al 6%. “Le aziende con migliore impatto sociale sono quelle che hanno integrato il welfare nell’ambito della strategia di business”, è la tesi Enea Dallaglio, Partner Innovation Team del Gruppo Cerved, intervenuto all’evento.
Delle dieci aree del welfare aziendale, quelle dove le imprese sono più impegnate sono: sicurezza e condizioni lavorative (74% delle PMI con livello alto e molto alto), welfare di comunità (66,5%), diritti, diversità e inclusione (47,8%) e formazione e sviluppo del capitale umano (40,6%). “Nelle aziende con un welfare evoluto, per esempio, la quota di donne in posizioni di responsabilità è più alta; inoltre, mettono in atto iniziative di leadership innovative, hanno programmi di conciliazione vita-lavoro e disponibilità di servizi per la famiglia”, ha continuato Dallaglio.
Il welfare come strumento di resilienza
Da quanto mette in luce il rapporto, le imprese con un welfare più evoluto ottengono performance di produttività superiori alla media, crescono molto più velocemente nei risultati economici e nell’occupazione. Nel 2021 l’utile sul fatturato delle aziende con livello di welfare molto alto è stato doppio rispetto a quello delle aziende a livello base: 6,7% contro 3,7%. Inoltre, l’analisi dimostra che questo agevola anche la resilienza. “Le PMI con un welfare più evoluto hanno affrontato meglio la pandemia e dimostrato maggiore slancio nella ripresa”, ha rivelato Dallaglio. La difficoltà riguarda le imprese più piccole che hanno scarsità di risorse professionali e bacini di utenza piccoli. “Per questo occorre aiutarle ad associarsi, per creare sinergie ed evolvere”, ha chiarito l’esperto.
Il welfare si conferma, dunque, come un volano in grado di far crescere la produttività grazie a un coinvolgimento maggiore delle persone nei processi aziendali. “Se fino a qualche anno fa era un tema che era confinato all’interno delle riflessioni delle grandi realtà imprenditoriali, oggi le scelte di tutte le imprese coincidono con azioni reali e concrete”, ha detto Calderone in conclusione alla mattinata di presentazione dei dati.
È un buon traguardo, ma, come ha evidenziato, c’è ancora molto dare fare: “Dobbiamo metterci nelle condizioni di ascolto e condivisione di percorsi. Nel corso dei prossimi mesi faremo un cammino insieme per ragionare su azioni migliorative a sostegno del welfare italiano”. Tutto questo si traduce nella volontà di dare al lavoro una dimensione più ampia, contribuendo alla crescita, alla qualità della vita e all’impatto sulla società. Diventa così un’opportunità e un percorso a doppia via, che porta benefici sia dal punto di vista dell’azienda sia da quello dei singoli cittadini.
Laureata magistrale in Comunicazione, Informazione, editoria, classe di laurea in Informazione e sistemi editoriali, Federica Biffi ha seguito corsi di storytelling, scrittura, narrazione. È appassionata di cinema e si interessa a tematiche riguardanti la sostenibilità, l’uguaglianza, l’inclusion e la diversity, anche in ambito digital e social, contribuendo a contenuti in siti web.
Ha lavorato nell’ambito della comunicazione e collabora con la casa editrice ESTE come editor e redattrice.
welfare aziendale, confindustria, Generali Italia, Welfare Index PMI, Cerved