Work-life balance, le giuste tecnologie aiutano la conciliazione

A distanza di un anno dall’inizio dell’emergenza sanitaria, la maggior parte delle aziende italiane ha imparato a misurarsi con un modello di lavoro a distanza. Trovando spesso nello Smart working l’unica ancora di salvezza in mezzo alla tempesta. Secondo un’indagine condotta da Astraricerche, le imprese che sono rimaste a galla hanno, infatti, mantenuto più o meno inalterato il livello di servizi offerti proprio grazie all’impiego del lavoro agile: mentre ad aprile 2020 solo il 31% delle aziende aveva conservato una capacità produttiva piena, a inizio 2021, quando il lavoro da remoto era ormai diffuso, il valore è salito al 47,9%.

Le grandi imprese private avevano già sperimentato forme di flessibilità ben prima dell’inizio della pandemia. Nelle organizzazioni medio-piccole, invece, una tale modalità di lavoro spesso non era neppure contemplata e solo l’emergenza ha spinto management e personale a scoprire e sfruttare a pieno tutte le potenzialità e i tool delle piattaforme digitali. Anche i più scettici hanno ormai capito che non si tratterà di una parentesi temporanea: la rivoluzione dello Smart working non può essere fermata, anzi va governata e incoraggiata. Come? Legando gli obiettivi dei progetti di lavoro agile a quelli del business e dando sempre più visibilità ai benefici ottenuti.

Ne è ormai convinta Revobyte, system integrator italiano specializzato nell’ICT e nella Logistica. La società ha sperimentato la nuova modalità di lavoro nel periodo più critico dell’emergenza sanitaria, riscontrando benefici anche a lungo termine: riduzione degli spostamenti per i lavoratori, maggiore soddisfazione dei dipendenti, miglioramento del loro work-life balance. A maggio 2020 Revobyte ha riaperto le porte dei suoi uffici, senza perdere di vista la possibilità di continuare a lavorare da casa. A oggi circa il 10% -15% circa dei dipendenti usufruisce dello Smart working per uno o due giorni alla settimana.

“Anche noi abbiamo adottato la politica dello Smart working. Apprezziamo questa nuova gestione del lavoro per i vantaggi che porta all’azienda e ai lavoratori. È un piccolo contributo all’emergenza attuale, ma anche un grande passo avanti verso la digitalizzazione del nostro Paese”, dice Francesco Sirabella, Direttore Generale di Revobyte. Un impegno che si è esteso anche oltre il perimetro aziendale, a vantaggio dei clienti della società.

Abilitare un digital workspace efficiente e sicuro

Il gruppo romano è convinto che, per divenire davvero smart, il lavoro a distanza presupponga un cambiamento reale nella cultura del lavoro sia da parte del dipendente, chiamato a organizzare in autonomia il proprio lavoro, sia da parte del datore di lavoro, chiamato a uno sforzo di fiducia nei confronti dei suoi collaboratori. La nuova cultura organizzativa richiede, però, un supporto tecnologico all’altezza della sfida. Servono, in altre parole, soluzioni in grado di soddisfare le esigenze di impresa e dipendenti, rispondendo alle necessità che, nel loro insieme, vengono definite di digital workspace.

Revobyte lo ha testato in prima persona negli ultimi mesi e ha deciso di mettere al servizio dei clienti l’esperienza maturata durante il lockdown. L’azienda ha utilizzato e consigliato ai propri clienti soluzioni flessibili, sicure ed efficienti per continuare a lavorare con continuità anche a distanza. Ne è un esempio Workspace One di VMware, piattaforma basata sull’Artificial Intelligence che trasforma l’esperienza lavorativa dei suoi utilizzatori potenziando il lavoro digitale in modo semplice e sicuro. Revobyte è un Professional Services Organization (PSO) VMware, uno dei pochi partner a livello nazionale abilitato a gestire progetti corporate complessi e delicati e a erogare servizi professionali VMware, in ragione dell’elevato livello di competenze maturate in questa tecnologia e della qualità e numero degli specialisti nel proprio personale.

“La migliore garanzia della nostra capacità di rispondere alle esigenze dei clienti consiste proprio nella pluriennale fedeltà con cui essi si affidano ai nostri specialisti. Particolarmente, ma non solo, nella tecnologia VMware, nella quale vantiamo skill e certificazioni ai più alti livelli del mercato”, sottolinea Sirabella. “Nonostante il posizionamento raggiunto in questo ambito, Revobyte punta ad ampliare ulteriormente la platea di specialisti VMware e sta procedendo a una ricerca di profili particolarmente skillati da inserire in organico. Per noi la competenza al servizio del cliente è la chiave per emergere in un mercato sempre più competitivo”.

L’obiettivo della soluzione è mettere al primo posto l’esperienza dei dipendenti, grazie all’adozione di dispositivi, App e stili di lavoro più in sintonia con esigenze e ritmi di lavoro nuovi. La piattaforma, intelligente e automatizzata, elimina i tradizionali silos IT e facilita l’attuazione di una strategia di digital trasformation. Garantisce la sicurezza grazie a un approccio zero-trust che affronta il rischio, automatizza la correzione e migliora l’esperienza complessiva dell’utente. Per abilitare davvero quel digital workspace ormai necessario per lavorare da ogni luogo.

Smart working, VMware, digital trasformation, Revobyte


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Giorgia Pacino

Articolo a cura di

Giornalista professionista dal 2018, da 10 anni collabora con testate locali e nazionali, tra carta stampata, online e tivù. Ha scritto per il Giornale di Sicilia e la tivù locale Tgs, per Mediaset, CorCom - Corriere delle Comunicazioni e La Repubblica. Da marzo 2019 collabora con la casa editrice ESTE. Negli anni si è occupata di cronaca, cultura, economia, digitale e innovazione. Nata a Palermo, è laureata in Giurisprudenza. Ha frequentato il Master in Giornalismo politico-economico e informazione multimediale alla Business School de Il Sole 24 Ore e la Scuola superiore di Giornalismo “Massimo Baldini” all’Università Luiss Guido Carli.

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