Dipendenza_fumo

Workplace health promotion, la responsabilità sociale passa dalla salute sul lavoro

In Italia, le condizioni socio-demografiche e sanitarie si sono evolute nell’arco degli ultimi decenni: l’età media si è alzata grazie alle nuove tecnologie in ambito medico, il numero di morti per patologie non gravi è ridotto al lumicino e i contesti lavorativi sono, in media, più sicuri. D’altro canto, però, sono sorte nuove criticità e sfide: la natalità è ai minimi storici, le persone anziane sono spesso affette da patologie gravi, conduciamo stili di vita meno sani e la diffusione di comportamenti additivi è sempre maggiore. È quanto riporta l’Istituto superiore di sanità (Iss), che ha messo in luce come in Italia le malattie cronico-degenerative non trasmissibili sono la prima causa di morte; allo stesso tempo, il numero di persone che fa uso di droghe, alcol o tabacco è in aumento.

Secondo i dati del World drug report 2021, l’Ufficio delle Nazioni Unite per il controllo della droga e la prevenzione del crimine, nell’ultimo anno, circa 275 milioni di persone hanno fatto uso di droghe, con un aumento del 22% rispetto al 2010 (entro il 2030, fattori demografici prevedono che il numero di consumatori aumenterà dell’11% in tutto il mondo). Secondo gli ultimi dati Istat, nel 2020 il 22,9% degli uomini e il 9,4% delle donne con più di 11 anni, o hanno bevuto troppo come media giornaliera o hanno avuto almeno un episodio di ubriacatura.

La diffusione di queste tendenze, secondo gli esperti, può essere contenuta tramite lo sviluppo della health literacy, cioè l’alfabetizzazione sanitaria: la capacità di ottenere, leggere, comprendere e utilizzare le informazioni sulla salute al fine di prendere decisioni appropriate per il cambiamento dei propri stili di vita poco salutari attraverso una maggior consapevolezza. È con questo obiettivo che, tramite la collaborazione di enti pubblici e privati, si è sviluppato il programma Workplace Health Promotion (Whp), progetto istituito formalmente nel 1996 dalla Rete europea di promozione della salute nei luoghi di lavoro (Enwhp) e adottato, per la prima volta in Italia, dalla Regione Lombardia. A raccontarlo è Stefania Abbiati, Referente Whp per ATS Brianza: “Il programma Whp si fonda sul modello promosso dall’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) e ha l’obiettivo di promuovere e favorire cambiamenti organizzativi nei posti di lavoro al fine di renderli luoghi fertili per l’insegnamento e l’adozione di buone pratiche e stili di vita più salutari”.

“Mentre i giovani sono raggiunti tramite programmi scolastici e gli anziani hanno a disposizione altri servizi, i lavoratori, che appartengono alla fascia più ampia della popolazione, e passano la maggior parte del loro tempo sul posto di lavoro, non hanno mai usufruito di progetti per la promozione della salute. Per questo motivo è nato il Whp”, spiega Abbiati. Il programma, raggiungendo la fascia adulta della popolazione, mira soprattutto all’esportazione delle buone pratiche all’interno dei propri nuclei famigliari abbracciando così l’intera comunità.

Partito dalla Lombardia, in realtà il progetto Whp si sta espandendo in tutta Italia e dal 2022 sta assumendo sempre più caratteristiche e modalità attuative di tipo nazionale. La gestione operativa e organizzativa del Whp è competenza delle Agenzie di tutela della salute (Ats) che si occupano di guidare le imprese nel percorso e di sviluppare la rete relazionale con le aziende, spesso in sinergia con le Associazioni datoriali.

I programmi d’azione stabiliti tra Ats e imprese operano in un’ampia gamma di ambiti che vanno a definire la totalità del benessere individuale e comunitario. In particolare, le aree operative del Whp si dividono in principali e trasversali: le prime sono legate ai comportamenti additivi, all’alimentazione, al fumo e al movimento; le seconde, invece, includono l’ingaggio del medico competente dell’azienda e la promozione dell’equità sul posto di lavoro.

Intervenire su problematiche che creano dipendenza

Oltre a fumo, droghe e alcol, anche la dipendenza da gioco d’azzardo, che, come rivela Abbiati, si riscontra essere sempre più diffusa, è al centro dell’attenzione dell’iniziativa. “Fra le dipendenze annoveriamo anche le disfunzioni alimentari, come obesità, anoressia e bulimia, e le dipendenze da smartphone, da farmaci e, in generale, tutti i comportamenti compulsivi nocivi per la salute. Per questo ci avvaliamo di progettisti che portino nelle aziende esperienze che sviluppino consapevolezza rispetto alla possibilità di essere vittima di una dipendenza e del danno che questa può provocare”, continua Abbiati.

La lotta alla sedentarietà – tipica di chi lavora intere giornate in ufficio, ma anche dei cambiamenti negli stili di vita di giovani e bambini – è un tema particolarmente caro a Regione Lombardia e sviluppato anche tramite il Whp. L’inattività è, infatti, stata definita dall’Oms “Il nuovo Killer” poiché subdolamente favorisce l’insorgere di un gran numero di patologie.

Secondo ricerche recenti, nel nostro Paese si registra uno dei più alti livelli di sedentarietà del continente: si allena regolarmente appena il 3% della popolazione e nella classifica europea l’Italia si posiziona fra gli ultimi posti come attività motorie (le persone che non praticano attività fisica sono il 35,2%; in particolare, la quota è al 39,4% per le donne e si attesta al 30,8% fra gli uomini). Infine, come sottolinea la referente del WHP, sono centrali gli ambiti psicosociali all’interno delle organizzazioni: “Sono tematiche spesso escluse dal concetto di benessere; le aziende coinvolte si impegnano a favorire l’integrazione sul posto di lavoro, garantendo le stesse possibilità di accedere ai servizi a tutto il personale”.

Lavorare sulla salute si traduce in benefici sulle performance

L’adesione al progetto Whp porta svariati vantaggi alle aziende. Oltre ai noti benefici fiscali che le imprese acquisiscono investendo nel welfare (per esempio, l’abbattimento del costo del lavoro o la riduzione del cuneo fiscale), l’osservazione a lungo termine degli effetti generati dalla partecipazione al programma dimostra un miglioramento generalizzato della vita aziendale: “I lavoratori stanno meglio, manifestano maggiore senso di appartenenza e sostegno alle iniziative, c’è più collaborazione, minore assenteismo e, di conseguenza, aumenta la produttività”, afferma Abbiati.

Per le aziende, aderire al progetto è semplice: l’iscrizione è gratuita e avviene tramite il portale della Regione. Dopo un incontro preliminare tra impresa e Ats, i due soggetti collaborano per sviluppare un programma annuale che agisca sulle aree di interesse principale. “In seguito all’adesione all’iniziativa, le modifiche organizzative da mettere in atto inizialmente sono basilari, come, per esempio, garantire acqua gratuita, frutta fresca o un forno a microonde alle persone, ma anche offrire occasioni per svolgere attività fisica all’interno delle aziende e introdurre limitazioni al consumo di tabacco attraverso delle policy adeguate e percorsi di disassuefazione gratuiti”, precisa Abbiati.

Per questo ultimo aspetto, il progetto “In buona sostanza” mette a disposizione delle aziende uno sportello gratuito per la disassuefazione dal fumo con gli esperti della Lega italiana per la lotta contro i tumori (Lilt). Si tratta di un modo concreto per poter mettere in atto le azioni di welfare specifiche per le aziende della rete Whp.

Dopo qualche tempo – e procedendo per step – le azioni da implementare tendono a diventare sempre più importanti e a incidere in modo più significativo sulle pratiche aziendali: “In questo modo migliorano sensibilmente le condizioni lavorative all’interno delle organizzazioni”, rivela Abbiati. E alle aziende virtuose che hanno raggiunto i risultati prefissati è consegnato l’attestato di “Azienda che promuove Salute”, che certifica l’impegno dell’organizzazione nella tutela della salute del personale.

Per saperne di più sulla rete WHP visita la pagina https://www.ats-brianza.it/it/lavoro

Ats, Whp, Workplace health promotion, Legatumori


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Federica Biffi

Laureata magistrale in Comunicazione, Informazione, editoria, classe di laurea in Informazione e sistemi editoriali, Federica Biffi ha seguito corsi di storytelling, scrittura, narrazione. È appassionata di cinema e si interessa a tematiche riguardanti la sostenibilità, l'uguaglianza, l'inclusion e la diversity, anche in ambito digital e social, contribuendo a contenuti in siti web. Ha lavorato nell'ambito della comunicazione e collabora con la casa editrice ESTE come editor e redattrice.

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